Quarta domenica del Tempo Ordinario C Di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Gen 30, 2016 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Geremia 1,4-5.17-19;
Salmo 70;
1Corinzi 12,31-13,13;
Luca 4,21-30

Lectio

Nella prima lettura è stagliata la figura del profeta: colui che sa vedere il Signore che passa. Il profeta non teme la mediocrità del potere, perché sa che il Dio d’Israele è sempre con lui.
La figura tipo del profeta è Gesù di Nazareth che, come tutti i veri profeti, è rifiutato da coloro che detengono il potere in Israele e da coloro che adorano le loro tradizioni ed i loro usi. Questa immobilità impedirà loro di vedere, in Gesù di Nazareth il Messia atteso.
Gesù è anche il modello di cristiano che incarna la carità.
Gesù non ha vissuto la carità come tacere e ubbidire, ma la carità è, prima di tutto dire la verità e aver il coraggio di subirne le conseguenze. La carità è vivere al servizio del Signore, che è via, verità e vita.

Meditatio

Questa domenica ci è proposto di meditare sulla figura del profeta e sul tema della carità. Si tratta di due punti fondamentali della vita cristiana: il profeta è colui che sa vedere il Signore che passa e per questo opera una carità vera e non pelosa per interesse o per apparire.
Come ho già evidenziato in altre Meditatio il profeta vede il Risorto nei fratelli e, specialmente, in coloro che contano meno, in ogni ambito.
Il profeta è colui che esercita una carità reale, che con il suo esempio dimostra come si deve mettere in pratica la parola di Dio: diceva san Vincenzo de’ Paoli : il Figlio di Dio, prima fece e poi insegno….(Cfr Regole Comuni dei Preti della Missione).
Purtroppo, interpretando devozionalisticamente, per non dire vigliaccamente, l’inno alla carità, che oggi abbiamo sentito proclamare nella liturgia, abbiamo finito per ridurre questo bellissimo passo biblico ne l’inno alla vigliaccheria. Infatti Paolo ci dimostra nell’incidente di Antiochia (Gal 2,11 – 14) come la carità, nella comunità cristiana e nella società, debba essere posta in atto. Infatti Paolo, ad Antiochia, si oppose a Pietro, che si comportava come un giudeo, temendo la reazione dei giudeo cristiani appena giunti, mentre prima egli pasteggiava disinvoltamente con Paolo ed i cristiani provenienti dal paganesimo.
Ne deduciamo come Paolo intende l’esercizio della carità nella Chiesa.
Oggi papa Francesco sta cercando di riportare la chiesa a vivere la carità come l’intende Paolo. È un cammino lungo e difficile, perché per molto tempo, almeno per due secoli, noi cristiani siamo stati educati, a volte in buona fede, altre volte meno, a vivere la carità all’insegna del tacere e obbedire e questo ha portato nella società al sorgere delle grandi dittature: comunismo, nazismo e fascismo, perché la chiesa aveva abbandonato i poveri che erano sfruttati dai grandi latifondisti e nelle fabbriche.
Questo ha condotto all’insignificanza dell’autorità nella Chiesa: vescovi, parroci, superiori generali o provinciali. Quante volte, e ancora tutt’oggi, si sente dire dai laici che l’autorità nella chiesa non prenderà mai la parte dei più deboli, ma difenderà quasi sempre coloro che detengono il potere e darà importanza ai vari pettegolezzi, ma non affronterà le questioni gravi, perché i soggetti implicati sono protetti…..
Anch’io come parroco so di poter cadere in questa tentazione, in cui vedo tutt’oggi cadere ancora superiori maggiori, capisco che non si può guarire da un tumore dall’oggi al domani, ma il male che si fa alle persone che vedono tale atteggiamenti è grande, perché si nota come il vangelo è sottoposto al potere e alla paura di rimetterci la faccia.
Preghiamo che la chiesa, sotto la guida di papa Francesco continui a purificarsi da questa metastasi in atto, che solo lo Spirito Santo può vincere.

Prima lettura

Ger 1,4-5.17-19

Dal libro del profeta Geremìa

Nei giorni del re Giosìa, mi fu rivolta questa parola del Signore:
«Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto,
prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni.
Tu, dunque, stringi la veste ai fianchi,
àlzati e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò;
non spaventarti di fronte a loro,
altrimenti sarò io a farti paura davanti a loro.
Ed ecco, oggi io faccio di te
come una città fortificata,
una colonna di ferro
e un muro di bronzo
contro tutto il paese,
contro i re di Giuda e i suoi capi,
contro i suoi sacerdoti e il popolo del paese.
Ti faranno guerra, ma non ti vinceranno,
perché io sono con te per salvarti».

Salmo responsoriale

Sal 70

R.: La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.

In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami.

Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio.

Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno.

La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito
e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.

Seconda lettura

1Cor 12,31-13,13

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, desiderate intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.
Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo, per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!

[Forma breve: 1Cor 13, 4-13:

Dalla lettera prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, la carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Al presente conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!]

Vangelo
Lc 4,21-30

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

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