Quinta domenica di Pasqua Di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Mag 3, 2015 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Atti 9,26-31;
Salmo 21;
1Giovanni 3,18-24;
Giovanni 15,1-8

Lectio

Il brano del vangelo che è proposto alla nostra riflessione in questa quinta domenica del Tempo pasquale è situato nel contesto delle prime eresie, che iniziavano a emergere nella comunità cristiana e anche la tentazione, sempre latente, una minoranza negli ambienti giudeo – cristiani, che continuava, non ostante la predicazione di Paolo – ormai deceduto da alcuni decenni – a sostenere che, prima di essere battezzata una persona avrebbe dovuto aderire alla religione ebraica.
San Paolo aveva dimostrato che il battesimo costituiva l’entrata nel nuovo popolo di Dio: la comunità cristiana. Con la celebrazione battesimale si superava la legge di Mosè, alla quale non si era tenuti all’osservanza, perché con la predicazione, la morte e la risurrezione di Cristo, gli uomini erano venuti a conoscenza del vero volto di Dio: quello di Padre di tutti. (seconda lettura).
Invece, per quanto riguardava le prime eresie, queste ponevano in dubbio, o che Cristo fosse un vero uomo o che fosse vero Dio.
Il vangelo sottolinea che l’unica strada da seguire, l’unica porta in cui entrare ( non dimentichiamo che, al tempo nell’antichità le città erano fortificate e, nelle mura, c’erano una o più porte, sorvegliate dalla guardia armata e dalla dogana. Cristo è anche l’unico cibo che ci fa vivere con senso, ecco il paragone – usato nel brano odierno – con la vite. Gli antichi coltivavano la vite che produceva il vino, bevanda fondamentale insieme all’acqua. Ma la vite produceva anche l’uva e quindi il cibo. Infine la vite faceva ombra e quindi riparava dal sole. Questo era fondamentale per i paesi caldi come la Palestina.

Meditatio

Nel brano degli Atti degli apostoli si nota come nella comunità di Gerusalemme si faceva fatica a credere nella conversione di Paolo, a causa del suo passato di strenuo persecutore dei cristiani. Questo c’insegna due cose: la prima che lo Spirito Santo agisce in modi sempre più imprevedibili e il cristiano deve saper cogliere questi modi e non arroccarsi nel si è sempre fatto così, perché altrimenti diventa sterile, sotterra il talento che lo Spirito gli ha donato con tanto amore e, sotterrare il talento è pericoloso……; la seconda è l’onestà di Paolo che, storicamente si convertì vivendo accanto ai cristiani che conduceva alla morte, ad un certo punto si è accorso di aver sbagliato. Così Paolo, come le persone veramente umili e per questo intelligenti, attuò nella sua vita una conversione a 360 gradi!
Noi dobbiamo prendere esempio dall’Apostolo e saper dire ho sbagliato! In questo modo Cristo diventa per noi il punto di riferimento della vita: porta, luce, vite. Così un cristiano amerà il Signore con amore indiviso. Ciò significa che tutta la vita del cristiano sarà orientata alla logica del vangelo e non divisa con l’avidità, la presunzione, il voler emergere e il voler occupare i primi posti, il voler essere serviti ecc…
Spesso i termini amore indiviso si sono usati per coloro che si sono consacrati a Dio. Invece valgono per tutti. Anche perché – secondo la lettera agli Ebrei – l’unica e sola consacrazione è quella battesimale. I così denominati religiosi, hanno ricevuto dallo Spirito Santo la chiamata alla vita comunitaria, per riproporre nella Chiesa la vita delle prime comunità cristiane. Infatti se i religiosi o le comunità di vita apostolica non curano la vita comunitaria: nella liturgia e nell’apostolato hanno fallito la loro missione!!!
Anche due sposi debbono vivere nei confronti di Dio l’amore indiviso: vivendo come coppia, e come tale essere attenti alla volontà di Dio su di loro e come coppia servire nella comunità cristiana. Quando si è sposi il Padre chiama la coppia mai il singolo.

Buona domenica.

Prima lettura
At 9,26-31

In quei giorni, Saulo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi ai discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo che fosse un discepolo.
Allora Bàrnaba lo prese con sé, lo condusse dagli apostoli e raccontò loro come, durante il viaggio, aveva visto il Signore che gli aveva parlato e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù. Così egli poté stare con loro e andava e veniva in Gerusalemme, predicando apertamente nel nome del Signore. Parlava e discuteva con quelli di lingua greca; ma questi tentavano di ucciderlo. Quando vennero a saperlo, i fratelli lo condussero a Cesarèa e lo fecero partire per Tarso.
La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samarìa: si consolidava e camminava nel timore del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero.

Salmo responsoriale
Sal 21

Rit.: A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.

Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre!

Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli.

A lui solo si prostreranno
quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere.

Ma io vivrò per lui,
lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunceranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l’opera del Signore!».

Seconda lettura
1Gv 3,18-24

Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.
In questo conosceremo che siamo dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore, qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa.
Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio, e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quello che gli è gradito.
Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato.

Vangelo
Gv 15,1-8

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

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