Ventisettesima domenica del Tempo Ordinario C Di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Ott 5, 2013 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Abacuc 1,2 – 3; 2,2 – 4
Dal Salmo 94
2 Timoteo 1,6 – 8.13 – 14
Luca 17,5 – 10

Lectio

Al tempo di Gesù ogni rabbino guidava il cammino dei propri discepoli sulla strada dell’osservanza della legge di Mosè: insegnava loro a pregare; cercava di rispondere alle diverse questioni che gli erano poste come: qual è il più grande comandamento, quanti sono coloro che si salveranno; chi è il mio prossimo e anche la domanda di aumentare la fede da parte dei suoi discepoli.
La fede è l’esperienza dell’incontro con Dio nella propria vita e sentirsi servo inutile, cioè servo di cui Dio si potrà servire o meno.
È questa esperienza che sostiene il giusto, il credente, nei momenti in cui l’ingiustizia, la violenza e quant’altro sembrano prendere il sopravvento anche all’interno della Chiesa.
Il vero credente non è un timido, un pauroso, ma – di fronte a quel mondo clericale che vede la realtà, attraverso un’umiltà che nasconde la vigliaccheria, o quel mondo che chiama prudenza la politica e attraverso la diplomazia e la costruzione di una fama, permette la menzogna spudoratamente detta – il vero credente passa per un esagerato….
Ma il vero credente, che rispetta i consigli che, l’autore della seconda lettera a Timoteo, offre al destinatario che è un vescovo, sa che è l’annuncio del Regno che conta nella vita, perché l’esperienza che ha egli fatto di Dio, gli da quel coraggio che ha alimentato, nella storia, coloro che sono diventati i nostri modelli: i santi.

Meditatio

Esseri servi inutili è una scelta impopolare, perché la tentazione di essere paladini della fede, essere preoccupati che si creda la retta fede e, di conseguenza condannare gli “eretici” è sempre una tentazione che si nasconde sotto la cenere….
Il vero credente non ha queste preoccupazioni perché, la fede per lui è un’esperienza: è l’incontro con il Risorto. Si tratta di un incontro reale, come quello che ebbe con Lui Francesco d’Assisi, Vincenzo de’Paoli ecc…
Francesco, Vincenzo……esagerati! Non hanno esitato a chiamare il bianco, bianco e il nero, nero, perché non avevano nulla da perdere, perché avevano “venduto” tutto per acquistare il tesoro nascosto nel campo.
I cristiani ricchi sono quelli che sono coperti dello spirito del mondo: dell’idolatria, che si nasconde nel potere, nella violenza, nella menzogna, nella preoccupazione di costruirsi una fama. Questi sono i cristiani che vivono al contrario dello spirito di Gesù.
Faccio un esempio con i religiosi: preti, suore e laici che vivono nelle congregazioni religiose: francescani, domenicani, vincenziani ecc…
Ora, quando una di queste persone vive nell’idolatria, fa resistenza all’obbedienza, cioè al superiore provinciale che gli propone di recarsi in un altro luogo per servire la chiesa e, questo rifiuto si può fare in modo esplicito o implicito. L’obbedienza è la vera povertà, per un religioso.
Quando un superiore afferma che il “tale” non può essere toccato, significa che la sua congregazione sta immergendosi nell’idolatria, come afferma il papa.
Così, quando accade che un superiore provinciale commina dei cambiamenti ai confratelli, per l’interesse del Movimento di cui fa parte, questo è un cancro che porta alla morte nella chiesa.
Il cristiano che ha incontrato il Risorto ha il coraggio, come papa Francesco, di denunciare questi tumori e di pregare perché lo Spirito santo li guarisca. Il cristiano che ha incontrato il Risorto è consapevole che, gli idolatri, i ”tranquilli”, coloro che si preoccupano di mantenere la fama e di “andare d’accordo con tutti” – “cristiani da pasticceria” e “un clero ridicolo”, come afferma papa Francesco,– attueranno la loro vendetta. Il cristiano sa che, ciò che conta è andare in paradiso, per questo non teme la morte, i ricatti e le vendette, perché ha trovato il vero ed unico tesoro: il Cristo risorto.

Buona domenica.

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