Quarta domenica di Quaresima C, di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Mar 7, 2013 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Giosuè 5,9a. 10 – 12
Dal Salmo 35
2 Corinzi 5,17 – 21
Luca 15,1 – 3.11 – 32

Lectio

Il ritorno nella terra promessa può anche essere letto come un ritorno a Dio: questo vale anche per l’interpretazione del libro dell’Esodo. Infatti tale vicenda è il tipo di ritorno a Dio a cui l’Antico Testamento e, in particolare, la predicazione dei profeti si riferirà.
Nella comunità cristiana, tale ritorno è visto nel battesimo. Infatti, dopo la predicazione di Gesù di Nazareth, il ritorno a Dio è compiuto con la celebrazione del battesimo, in cui una persona diventa nuova. Questo significa che – tramite i sacramenti dell’iniziazione cristiana – il battezzato imposta la propria vita sulla logica del vangelo.
Anche la parabola del figlio prodigo narra di un ritorno a Dio.
Il vero protagonista del brano in questione non è il figlio prodigo, bensì il Padre misericordioso che, nella predicazione di Cristo, è Dio. Egli è così, come il padre di cui parla la parabola.
Dio rispetta la nostra libertà, ma attende con amore insistente, che noi torniamo a lui, qual’ora ci fossimo distaccati e, quando, ammesso il nostro errore, decidiamo di tornare da lui, egli ci accoglie come se non avessimo mai abbandonato la casa paterna, anzi Dio organizza una grande festa, con cui egli manifesta la gioia di riaverci nella sua casa.
Dio rispetta anche la libertà del figlio maggiore che, pur restando con Dio, non lo ha mai amato: si è preoccupato solo di eseguire gli ordini, per timore del castigo e non per la gioia di donare con amore.

Meditatio

Benedetto XVI ha lasciato ai vescovi e, specialmente al suo successore, l’incarico di una riforma in radice della Chiesa: riforma dal carrierismo; riforma dei comportamenti morali: problemi della pedofilia e dell’omosessualità nel clero; problemi di trasparenza nella gestione economica.

Se noi dovessimo impersonare questi problemi gravi, servendoci della parabola evangelica di questa domenica, potremmo dire che, nelle file che popolano queste persone, vi sarebbero molti fratelli maggiori?
Perché? Perché siamo di fronte a soggetti che lavorano nella Chiesa per il proprio successo, se mai andando anche in giro a predicare sull’umiltà….; persone che troviamo sistematicamente accanto a coloro che, al momento, detengono il potere.
Persone che abusano della loro autorità e mentono sistematicamente, anche se si sono costruiti una fama di uomini spirituali. Come il fratello maggiore essi si aspettano una ricompensa per il loro lavoro, compiuto con impegno ma, non per il Signore, ma per se stessi, per la loro gloria.

E noi? Da che parte ci collochiamo? Da quella del Padre misericordioso? Da quella del figlio pentito che ritorna e accetta dal Padre qualsiasi condizione pur di rientrare a vivere nella casa paterna? Da quella del figlio maggiore che, da buon cattolico integralista e dal profondo del suo cuore triste giudica ed espelle, senza dialogare, o meglio cercando d’imporre tramite il potere raggiunto il dialogo come, quando e dove lui comanda?

E’ importante rispondere alla domanda: dove ci collochiamo? La risposta è fondamentale, perché da questa deriva la nostra esperienza di Dio; quale Dio abbaiamo sin’ora seguito, amato, adorato: il Dio di Gesù Cristo, il Padre misericordioso, oppure il Dio che ci premia per l’impegno profuso: nella catechesi, nella carità, nella preghiera, nella liturgia…….?
È questo genere d’impegno, per raggiungere il premio che c’impedisce di cogliere l’amore del Padre. Un amore gratuito, non meritato: il vero amore. Infatti quando si ama veramente una persona le si offre tutto di se stessi, senza guardare se lo merita o meno.
Invece l’impegno, lo sforzo, per meritare da Dio il premio, come il fratello maggiore, ci distoglie dal sentirci amati senza merito dal Padre è questo ci rende liberi. Liberi dalla ricerca del potere, dalla menzogna per ottenerlo, dalla paura di perderlo. Questo è il significato della frase la verità vi renderà veramente liberi.

Buona domenica.

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