Sesta domenica di Pasqua B

da | Mag 12, 2012 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Sesta domenica di Pasqua B

Di p. Giorgio Bontempi c.m.

Atti 10,25 – 27.34 – 35.44 – 48

Dal Salmo 97

1Giovanni4,7 – 10

Giovanni 15,9 – 17

 

 

Lectio

La comunità cristiana di Gerusalemme riuscì, seguendo lo Spirito Santo, a superare il problema più grave che le si era posto innanzi: una persona che desiderasse ricevere il battesimo, avrebbe dovuto prima diventare ebreo, oppure no?

Oggi noi cristiani siamo lontani anni luce da quella problematica ma, se la chiesa primitiva avesse optato per la soluzione ebraica e cioè per ritenere giusto che prima di essere discepolo di Cristo, una persona avesse dovuto diventare discepolo di Mosè, forse il cristianesimo sarebbe diventato una succursale della religione ebraica.

 

Lo Spirito, che guida la chiesa, ha fatto comprendere alla comunità cristiana di allora che la sequela a Cristo superava la legge di Mosè, per cui un cristiano non doveva più osservarla, perché, con il battesimo, si era impegnato a vivere il vangelo, che era la nuova legge.

L’osservanza dei precetti evangelici non doveva essere eseguita per timore, ma per amore verso il Padre: Dio è padre. Questo è il fulcro della predicazione di Cristo.

Questo Padre lo s’incontra nel volto dei fratelli, che non sono soltanto quelli della comunità cristiana, bensì ogni persona che s’incontra. Il vangelo è rivolto a tutti i popoli; per il Padre tutte le persone sono dinnanzi a lui eguali, sono suoi figli: questo costituì per gli ebrei del tempo uno sconvolgimento tellurico.

 

 

Meditatio

In questo periodo, nella Chiesa, ogni tanto si sente parlare di conversioni: sono stato il quel luogo…..; mi sono recato in pellegrinaggio al tal santuario….; hai visto il tale, o la tale? È andato a….e ha detto che si è convertito!

Di fronte a tali affermazioni io resto impassibile e, dentro di me, rifletto come si possa usare in modo improprio il termine conversione.

Infatti, per alcune persone l’essersi convertito significa recitare quotidianamente un certo numero di rosari; oppure recitare alcune formule di preghiera ad un dato orario che non può essere cambiato, perché – altrimenti – la divinità a cui vengono rivolte potrebbe infastidirsi o ritenersi offesa; la conversione è anche pensata relativamente alla partecipazione al gruppo di preghiera, dove contano più le parole dette, che la qualità della preghiera. Con la conseguenza di voler imporre alla comunità parrocchiale il gruppo di preghiera e, se questo non è permesso, si arriva anche alla violenza verbale.

 

Si comprende chiaramente che, questi fenomeni non consistono in autentiche conversioni, ma sono forme maniacali religiose.

 

L’autentica conversione consiste nel riscoprire il volto del Padre. Un Padre che mi ama così come sono, al quale debbo chiedere ogni giorno di compiere la sua volontà e, se non ho ancora trovato il mio posto nella Chiesa, chiedere al Padre di aiutarmi a scoprire in quale posto lui intende collocarmi, perché questa sarà la mia felicità.

 

Il Padre desidera che noi incontriamo il Risorto in ogni persona e che lo amiamo nel volto del prossimo, specialmente nei poveri.

 

La vita così impostata è la vita di una persona convertita al vangelo.

 

Buona domenica

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