di Paolo Lambruschi – Avvenire – 22/10/2011

Il censimento appena iniziato è un’occasione per dare un volto alle storie dimenticate e cittadinanza agli “invisibili”.

Ma per sostenere i senza dimora in un modo nuovo ed efficace, la Caritas italiana chiede l’aiuto dei giovani volontari. Nessuno sa quanti siano gli homeless in Italia, quindi è difficile che la politica si occupi di loro quando non fa freddo e rischiano di morire. Il censimento, poi, diventa una autentica condanna perché sbarra le porte della burocrazia. Se infatti un cittadino italiano non ha una residenza cui recapitare il fatidico questionario Istat, viene cancellato dall’anagrafe cittadina.

Quindi perde la carta d’identità, il diritto alla pensione e all’assistenza sanitaria. Ma stavolta potrebbe determinarsi una svolta storica per svelare finalmente la quantità di homelessche vive nel Belpaese e capire attraverso quali percorsi – spesso autentici cortocircuiti dei nostri servizi sociali – una persona cada nella povertà estrema e nell’emarginazione.

Uno storico accordo tra ministero del Welfare, Istat, Caritas italiana e Fiopsd, la Federazione italiana degli organismi pubblici e privati di assistenza ai senza dimora, consentirà di svolgere un censimento specifico per gli homeless dal 20 novembre al 20 dicembre.

«Si tratta – spiega Paolo Boldrini, vicepresidente della Fiopsd, che ha curato diversi aspetti tecnici della complessa operazione – di un progetto in due tempi. Anzitutto abbiamo effettuato un censimento dei servizi per le persone senza dimora in tutte le aree metropolitane, nei comuni e nei capoluoghi di provincia con più di 30mila abitanti. In tutto abbiamo toccato oltre 250 città italiane, sfatando il mito che i senza dimora siano un problema solo delle grandi città».

I risultati di questa prima indagine saranno resi noti dall’Istat il prossimo 2 novembre. Ma si sa che sono stati rilevati più di 800 tra mense, dormitori, centri diurni che accolgono e accompagnano il popolo della strada tutto l’anno. Altro dato che sarà certificato dall’Istat, la stragrande maggioranza di queste strutture ha matrice ecclesiale. Restano da definire gli ultimi dettagli per la seconda fase che partirà tra meno di un mese. L’Istat ha infatti elaborato una metodologia per contare gli homeless a partire da un campione di 5.500 di queste persone cui somministrare un questionario particolare, rigorosamente anonimo.

«Perciò, in ciascuno di questi enti censiti – prosegue Boldrini – si recheranno i volontari che, previo appuntamento, aiuteranno la persona a compilare le risposte. Si tratta di un elaborato simile agli altri, ma che prevede una parte in più per capire le cause della grave povertà del compilatore e svelare il percorso di esclusione sociale».

Per centrare il traguardo occorrono volontari, perché le risorse messe a disposizione dal ministero del Welfare per l’operazione sono in linea con i tempi grami. Il vicedirettore della Caritas italiana, Francesco Marsico, lancia un appello alle associazioni: «Chiediamo l’aiuto alle reti del volontariato per fare chiarezza sulla situazione dei senza dimora in Italia. Inoltre per i giovani è un’occasione educativa per avvicinare una realtà spesso nascosta».

Finora hanno risposto positivamente l’Agesci e gli oratori salesiani. Si registrano, però, le resistenze di alcuni enti di accoglienza che temono per l’anonimato degli ospiti. «Garantiamo – chiarisce Marsico – che non c’è nessuna finalità securitaria, l’intento è migliorare la conoscenza della vita di queste persone per aiutarle. La presenza di istituzioni come il ministero del Welfare e l’Istat lo conferma».

In concreto cosa può cambiare dopo questa rilevazione? «L’Istat – risponde Paolo Pezzana, presidente della Fiopsd – ha deciso di rilevare la povertà estrema. È un passaggio chiave per avere politiche efficaci di cittadinanza. Pensiamo solo agli ultimi due provvedimenti contro la povertà, il bonus incapienti e la social card, che escludevano i senza dimora perché non ne contemplavano l’esistenza. Senza contare che la conoscenza delle storie aiuta a migliorare i servizi e quindi la prevenzione».

I risultati si potranno conoscere in primavera. Dopo, un popolo tornerà ad avere una storia.

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