Terza domenica di Pasqua

da | Mag 7, 2011 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

TERZA DOMENICA DI PASQUA

Di p. Giorgio Bontempi c.m.

 

 

 

 


Atti 2,14a.22 – 33

Dal Salmo 15

1Pietro 1,17 – 21

Luca 24, 13 – 35

Lectio

Abbiamo iniziato a percorrere l’itinerario della cinquantina pasquale, in cui ci viene ricordato che il Signore vive nella sua Chiesa e nel mondo, che la vita non è tolta ma trasformata e che la cosa più importante da raggiungere è il paradiso.

Il brano dei discepoli di Emmaus è una catechesi sulla celebrazione eucaristica nel giorno del Signore.

Infatti inizia con due discepoli, questo significa che non si tratta di un’individualità, ma di una comunità.

Il primo giorno della settimana: biblicamente parlando è il primo giorno dopo il sabato, il giorno del Signore il dies dominica.

È una comunità che non ha ancora incontrato il Risorto e quindi si allontana da Gerusalemme, per paura di subire la stessa sorte di Gesù, è per questo che non lo riconoscono quando si avvicina per camminare con loro, essi cercano il corpo di Gesù e il vangelo ci ricorda che, dopo la risurrezione non bisogna più cercare il corpo del Risorto, ma saperlo incontrare dove lui è presente.

I discepoli lo riconoscono nello spezzare del pane. Cioè nella celebrazione dell’eucaristia, quando riuniti con Lui, hanno ascoltato la Parola, spezzato il pane, che poi hanno preso per cibarsene.

Dopo l’incontro con il Risorto è scomparsa la paura e per questo tornato da dove stavano scappando per annunciare il risorto anche a costo della vita.

La predicazione del vangelo è anche il tema della prima lettura, in cui si espone un modello di predicazione della chiesa primitiva, mentre nella seconda lettura l’autore ricorda alla comunità cristiana la fedeltà agli impegni del battesimo e la centralità di Cristo nella creazione.

Meditatio

Nella situazione attuale è bene continuare a chiarire le idee riguardo alla celebrazione dell’eucaristia.

Come abbiamo visto nella lectio, è una comunità che celebra, questo significa che si tratta di un gruppo di persone che si riuniscono per festeggiare. Quando? Nel giorno del Signore. Che cosa festeggiano? La presenza del Vivente in mezzo a loro. Come la festeggiano? Radunandosi, esprimendo con questo segno il loro essere chiesa, secondo quanto scrive Paolo nella prima lettera ai Corinzi: la chiesa è l’insieme dei battezzati.

Ascoltano la Parola: si nutrono della Parola. Ora per ascoltare la Parola è necessario che questa sia proclamata nella propria lingua. Se ne deduce che, come scrive Giustino nel 150 d.C., all’inizio la comunità cristiana celebrasse l’eucaristia nel giorno del Signore nella lingua parlata dall’assemblea celebrante!

Dopo essersi nutriti alla mensa della Parola, si nutrivano alla mensa dell’eucaristia in cui il corpo del Signore e il suo sangue viene dato: preso. E preso significa preso non imboccato: prendete e mangiate, prendete e bevete!!

Questa è la celebrazione antica dell’eucaristia.

Non ha nulla a che fare con la Messa detta in latino dal prete con il chierichetto che risponde, ma non comprende ciò che dice.

Una cerimoniale senza una teologia liturgica a supporto, tanto che si diceva che quando il messale era portato dal lato dell’epistola a quello del vangelo, si doveva pensare a Gesù che, nella sua passione, da Erode era portato a Pilato, perché non si comprendeva più il significato dei gesti compiuti nella Messa.

Ma è importante sapere che dietro la liturgia c’è sempre un concetto di chiesa. I riti non sono neutrali. Quindi, se nel nostro modo di celebrare l’eucaristia – che è, lo ribadisco – quello antico, c’è il modello di chiesa che scaturisce dal Nuovo Testamento: la Chiesa è l’insieme dei battezzati e ognuno di essi la serve secondo la chiamata ricevuta dal Padre, invece nella messa che si ascoltava, o meglio nella messa a cui si assisteva, dicendo il rosario, le preghiere del cristiano oppure cantando pii canti, ma che non avevano nulla a che fare con la messa che era detta dal solo prete, il latino e con voce sommessa, la chiesa era solo la gerarchia: papa, vescovi, preti e diaconi. I laici non erano chiesa, ma gli aiutanti del clero al quale dovevano obbedienza cieca. Le donne poi erano considerate l’ultima ruota del carro, infatti non potevano neppure entrare in presbiterio, meditate gente….meditate..! A questo qualcuno vorrebbe che la chiesa tornasse….?

Buona domenica.

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