Si è concluso sabato 1 maggio l’ VIII Congresso delle Conferenze dei vescovi d’Europa (Ccee) sul tema: “L’Europa delle persone in movimento. Superare le paure. Disegnare le prospettive” cominciato il 27 Aprile. Ecco il testo integrale del “Messaggio di Malaga”, documento conclusivo dell’incontro:

“Vescovi delegati delle Conferenze episcopali dell’Europa, direttori nazionali della pastorale dei migranti, il Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, organizzazioni cattoliche, invitati di organizzazioni ecumeniche si sono riuniti a Malaga, in Spagna, dal 27 aprile al 1 maggio 2010, su invito della Commissione “Migrazioni” del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE). Veniamo da una ventina di paesi dell’Europa, dal Nord al Sud, dall’Est all’Ovest. Al termine di questo Congresso, vogliamo condividere con tutti coloro che si occupano di problematiche legate alla migrazione le nostre riflessioni e le nostre convinzioni.

1. Durante questo Congresso, abbiamo ripreso coscienza insieme della realtà delle migrazioni in Europa. Si contano oggi 34 milioni di immigrati, di cui 12 milioni di migranti interni, provenienti dai paesi dell’Unione Europea. Vogliamo testimoniare che è possibile considerare la presenza dei migranti in Europa come una carta vincente per il presente e per l’avvenire. Constatiamo che, in molti paesi, i migranti portano un contributo positivo – e non solamente economico! – alle società che sanno accoglierli e creare le condizioni di un autentico “vivere insieme”. Al di là delle cifre raccolte, misuriamo il peso della sofferenza, della miseria e dello sconforto portato dai migranti. Constatiamo anche che la loro presenza risveglia delle paure nell’opinione pubblica in Europa, e che questo conduce spesso ad atteggiamenti di chiusura e di xenofobia, rafforzati dalla crisi economica che stiamo attraversando. Per tenere conto delle paure emergenti, vengono elaborate politiche restrittive che interagiscono con le mentalità dominanti. Tuttavia, pur consapevoli delle paure che vivono i cittadini europei, abbiamo cercato di individuare dei mezzi con cui possiamo aiutarli a superarle.

2. Il pluralismo culturale è oggi una realtà imprescindibile delle nostre società. Siamo convinti che la pluralità culturale non conduca necessariamente a un relativismo che nega la nostra identità o a un’assimilazione che genera rapporti di forza e reazioni violente tra gruppi umani. È possibile gestire positivamente questa situazione di pluralismo attraverso l’incontro e il dialogo interculturale. Per arrivarci, abbiamo bisogno di uno spazio comune d’incontro. Quest’ultimo non può essere rappresentato da una cultura dominante che si impone con la forza, ma dall’esperienza del divenire umano, in ciò che comporta di universale. Impegnati insieme in questo processo, diventiamo capaci di accettare le differenze in una volontà condivisa di futuro nell’umanità e di “vivere insieme”, secondo il disegno di Dio creatore.

3. La Chiesa cattolica, nel suo insieme, con le sue tradizioni e i suoi riti differenti, porta il proprio contributo per servire l’unità della famiglia umana, in Europa e oltre. Crediamo che il Vangelo di Cristo mantenga oggi tutta la sua forza, come appello agli uomini a superare ogni paura e ogni chiusura, così come ci viene proposto dalla dottrina sociale della Chiesa e dal magistero dei Papi. Ringraziamo particolarmente Papa Benedetto XVI per la sua enciclica Caritas in veritate e lo sosteniamo nella sua missione. La Chiesa è convinta che gli uomini possano aprirsi alla trascendenza, ad un “oltre” dell’uomo che lo invita a superare le barriere delle differenze per costruire una fraternità aperta e forme di solidarietà sempre più ampie. In questa missione in cui siamo impegnati, crediamo che non siamo soli a lavorare all’unità della famiglia umana. Molti uomini e donne di buona volontà sono mobilitati. Noi cristiani crediamo soprattutto che lo Spirito, che è comunione d’amore in Dio Trinità, agisca ininterrottamente per riunire nell’unità tutti gli esseri umani di questa terra.

4. Abbiamo individuato, nella nostra riflessione, tre aree nelle quali è possibile costruire la fraternità che vogliamo servire nel nome del Vangelo:

– La famiglia è la cellula fondamentale della società. Per i migranti, essa svolge un ruolo essenziale rispetto all’integrazione, perché assicura un clima di sicurezza e una stabilità affettiva ai suoi membri. Custodisce e trasmette le tradizioni culturali e garantisce delle relazioni armoniose tra le generazioni. La Chiesa non si stanca mai di ricordare l’importanza della famiglia come un diritto fondamentale da riconoscere ad ogni migrante.

– Le comunità ecclesiali sono invitate a potenziare l’accoglienza dei fratelli e delle sorelle che sono venuti da altri orizzonti culturali e religiosi. I vescovi, le parrocchie e i movimenti cattolici diventano un segno profetico per le società chiamate a promuovere il dialogo interculturale. La cattolicità è una caratteristica essenziale della Chiesa e, in quanto tale, riguarda tutti i fedeli di Cristo. I cristiani partecipano alla visibilità sacramentale dell’opera di Dio: “Sacramento di unità, la Chiesa supera le barriere e le divisioni ideologiche o razziali”.

– La società è obbligata a gestire la migrazione, che è una realtà complessa perché include aspetti culturali, economici, giuridici, politici, sociali e religiosi. Tutte le nazioni devono impegnarsi nell’elaborazione di un inquadramento giusto affinché la dignità umana sia rispettata. È inoltre necessario che la comunità internazionale si impegni per ridurre le cause della migrazione forzata, per trasformare la migrazione in una scelta. Deve, d’altra parte, sottolineare anche gli aspetti positivi di questa mobilità umana.

5. Per concludere, vogliamo rivolgerci a voi, fratelli e sorelle migranti in Europa, particolarmente a coloro che vivono in situazioni precarie. Vi accogliamo perché crediamo che ogni essere umano abbia il diritto di essere accolto. Non ci importa la vostra origine, la vostra religione o la vostra cultura: voi siete stimati e amati da Dio. Tutti noi abbiamo dei doni da scambiare. Coloro che sono impegnati al vostro fianco sanno bene che conoscete anche la paura, l’incertezza e la precarietà e che queste, talvolta, vi esasperano. Vogliamo ripetervi la nostra fraternità e la nostra solidarietà nei confronti della vostra volontà di avere una vita più umana e più degna per voi e per i vostri cari. Rifiutando ogni discorso di esclusione, vogliamo dirvi che desideriamo costruire insieme l’avvenire dell’Europa. Non vi scoraggiate. Condividiamo la vostra speranza nel futuro. La nostra fede in Cristo è il fondamento della nostra speranza nell’avvenire. Un avvenire che non può essere costruito senza di voi”.

Fonte: www.misna.it

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