Suicidi in carcere: l'indifferenza delle istituzioni

da | Apr 1, 2010 | Carcere | 0 commenti

Dalla rubrica “Lettere dal carcere” del Mattino di Padova del 22 marzo 2010

a cura della redazione di Ristretti Orizzonti

L’indifferenza delle istituzioni di fronte ai suicidi sta diventando contagiosa Era la mattina di domenica 7 marzo. Una mattina identica a tante altre che si vivono in carcere. Erano più o meno le nove e mezzo e io mi trovavo a chiacchierare con un altro detenuto all’ingresso del nostro reparto. Eravamo appoggiati al cancello e di fronte, a distanza di due metri, c’è un altro cancello che costituisce l’ingresso ad un altro reparto. All’improvviso, dall’altro reparto si è sentito suonare un campanello d’allarme di quelli che abbiamo tutti nelle celle, e le urla dei detenuti che chiamavano gli agenti. Subito ci siamo resi conto che era successo qualcosa di grave. Così siamo rimasti a guardare il corridoio per capire qualcosa di più. Un agente partì di corsa e si fermò nella cella che indicavano gli altri detenuti, diede un’occhiata veloce dentro, ritornò indietro di corsa e andò al telefono per chiamare rinforzi. Nel giro di pochi istanti arrivarono altri quattro o cinque agenti, e tutti insieme entrarono nella stanza in questione. Uno di loro uscì dalla stanza e corse via per ritornare dopo pochi minuti in compagnia del medico e di alcuni infermieri, che si diressero velocemente nella stanza dove già stavano gli altri agenti. Noi che eravamo rimasti per tutto il tempo vicino al nostro cancello a guardare il via vai del personale, non avevamo ancora esattamente capito cosa era successo. Dopo qualche minuto vedemmo uscire tutti dalla stanza, il medico, gli infermieri e gli agenti, che ripercorrevano il corridoio nella nostra direzione e, mentre ci passavano vicino facendo commenti, sentimmo la parola «morto». Dopo un po’ sono arrivati il direttore del carcere e anche il cappellano. Poi è stato il turno del magistrato che sicuramente era un pubblico ministero, e infine è arrivato un carrello che trasportava una bara grigia, che ha portato via il cadavere del detenuto facendo calare il sipario. Tutto questo è successo in poco meno di due ore, ma più che la rapidità con cui quella persona se ne è andata via dal carcere e da questo mondo, quello che mi ha colpito in quella circostanza è stata l’indifferenza totale di quasi tutti noi davanti a un fatto così tragico. Io sono rimasto a guardare ma dentro di me ho sentito stringersi il cuore perché, a prescindere da chi fosse e cosa avesse fatto, era pur sempre una persona umana e un detenuto come noi. I suicidi ultimamente sono numerosi e forse è dovuto a questo se oggi sembrava quasi che il fatto di suicidarsi in carcere sia diventato una cosa normale. Tanto normale che mentre il carrello con la bara ha portato via il cadavere, stava arrivando in reparto un altro carrello, quello del vitto. Ormai era giunto l’orario del pranzo e sono corsi tutti, piatti in mano, a ricevere la propria porzione di pasta, e a nessuno la tragicità di quanto era appena successo ha tolto l’appetito. E a distanza di appena qualche ora, nessuno parlava più di quel fatto. Ma forse non deve nemmeno sorprendermi tanta indifferenza davanti alla morte da parte di noi detenuti, dato che siamo stati abituati all’indifferenza dai nostri governanti che, davanti ai settantadue suicidi dell’anno scorso, non hanno preso ancora alcun provvedimento per risolvere il problema angosciante del sovraffollamento, e la loro indifferenza forse sta contagiando pure noi.

Antonio Floris

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