Fiche di formazione: San Vincenzo e la dignità della persona (1ª Parte)

da | Ago 8, 2017 | Formazione vincenziana, Uncategorized | 0 commenti

FICHE DI FORMAZIONE – LUGLIO 2017

Profetismo del Carisma Vincenziano alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa

AUTORE: SUOR MARÍA PILAR LÓPEZ, FdC

3. San Vincenzo e la dignità della persona (1ª Parte)

Il principio fondamentale della dignità della persona umana, si basa sulla grandezza del fatto che l’uomo è Stato creato a immagine e somiglianza di Dio; ricordiamo le parole di Giovanni Paolo II nel discorso inaugurale di Puebla:

“Rispettate l’uomo! E’ l’immagine di Dio! Evangelizzate affinché questo diventi realtà! Affinché il Signore trasformi i cuori ed umanizzi i sistemi politici ed economici.” [1]

Più di tre secoli prima, San Vincenzo diceva ai Missionari:

“Non mi basta amare Dio se il mio prossimo non lo ama. Devo amare il mio prossimo come immagine di Dio ed oggetto del suo amore.” [2]

La persona è il centro e l’anima dell’insegnamento sociale della Chiesa; oltre al racconto della Genesi, in molte occasioni la Dottrina Sociale della Chiesa cita il capitolo 25 del Vangelo di Matteo. Nella lettera “Centesimus Annus” Giovanni Paolo ci dice:

“…Le parole di Cristo: “Ogni volta che farete questo a uno dei più piccoli dei miei fratelli, lo avrete fatto a me” non devono rimanere un pio desiderio, devono diventare un impegno concreto di vita. Oggi più che mai la Chiesa è cosciente che il suo messaggio sociale diventerà credibile attraverso la testimonianza delle opere”. [3]

Questo passo del Vangelo, insieme al mistero dell’incarnazione, è stato il fondamento del modo in cui San Vincenzo seguì Gesù Cristo. Anche se il suo pensiero è vivo nella mente e nel cuore di tutti noi, citiamo alcuni testi nei quali lo ricorda alle Figlie della Carità.

Serve dei poveri è come dire serve di Gesù Cristo, dato che Egli considera come fatto a Lui quello che si fa per loro, che sono le sue membra.”[4]

“Quando si servono i poveri, si serve Gesù Cristo. Figlie mie, che grande verità è questa! Servire Gesù Cristo nella persona dei poveri. E questo è sicuro, come il fatto che siamo qui.”[5]

L’esperienza di Dio in Vincenzo de Paoli, passa attraverso la mediazione dei poveri. Benedetto XVI in “Deus Charitas est” esprime lo stesso principio e nomina San Vincenzo:

“L’amore per Dio e l’amore per il prossimo si fondono tra loro: nella persona più umile incontriamo Gesù stesso e in Gesù incontriamo Dio.”[6]

Lasciando agli esperti il compito di discutere se si può o meno parlare di spiritualità vincenziana, diciamo che – se intendiamo come spiritualità l’insieme di idee e atteggiamenti che caratterizzano la vita spirituale di una persona o di un gruppo – per il cristiano la spiritualità è un modo concreto di seguire Cristo.

La spiritualità di Vincenzo de Paoli, il suo modo concreto di seguire Cristo, nasce dal suo incontro forte con Dio e con Cristo nel mondo dei poveri; questo incontro lo portò a sperimentare due principi chiave nel suo modo di vivere il Vangelo:

  • Servire i poveri è andare a Dio.”[7]
  • Servire i poveri è costruire per loro il Regno di Dio e la sua giustizia.[8]

Per Vincenzo de Paoli questi principi sono un’espressione inequivocabile della realizzazione della volontà di Dio e della continuazione della vita e della missione di Cristo, evangelizzatore dei poveri.

Non solo quando parlava ai Missionari e alle Figlie della Carità San Vincenzo insisteva sulla identificazione di Cristo con il povero e sulla continuazione della missione: l’11 luglio 1657, in un discorso alle Dame disse:

Lui stesso volle nascere povero, stare con poveri , servire i poveri, mettersi al posto dei poveri, fino a dire che il bene e il male che facciamo ai poveri lo considererà come fatto alla sua divina persona. Avrebbe potuto dimostrare un amore più tenero per i poveri? E che amore possiamo noi dare a Lui se non amiamo coloro che Egli ama? Non c’è nessuna differenza, signore, tra amare Lui e amare i poveri in questo modo; servire bene i poveri è servire Lui.[9]

Per Vincenzo de’ Paoli – e per tutti noi – nel continuare la missione di Cristo deve essere sempre presente il desiderio di compiere la volontà del Padre, che equivale ad avere fame e sete di giustizia, a costruire il regno di Dio e la sua giustizia.

Una delle caratteristiche proprie ed originali della spiritualità vincenziana è la relazione che il nostro fondatore stabilisce tra Regno di Dio e volontà di Dio, questa relazione si realizza attraverso l’azione, come lui mostrò con la sua vita.

Il cristianesimo ha sempre difeso l’unità dell’essere umano, a differenza della filosofia greca che concepiva l’uomo come un insieme di anima e corpo. Questa dicotomia tra anima e corpo è quello che, secondo il Padre Ibanez, porta alla “schizofrenia della vita cristiana”, che mette su un piano la vita interiore e su un altro piano la lotta per la giustizia e l’impegno socio-politico in favore dei poveri. Il padre Ibanez, nel suo libro “La fede verificata nell’amore” continua così: “La fede e l’esperienza di Vincenzo de Paoli gli fanno scoprire che, se nel cristianesimo si continuassero ad alimentare atteggiamenti spiritualisti, la lotta per la giustizia e la difesa dei poveri si svilupperebbero su cammini molto diversi da quelli della Chiesa di Gesù Cristo.”[10]

San Vincenzo afferma che bisogna servire tutto l’uomo, tutta la persona. La separazione tra lo “spirituale” e il “corporale” sembra abbia creato problemi già ai suoi tempi, perché, in una conferenza sulla finalità della Congregazione della Missione, disse ai Missionari queste parole:

E quindi se ci fossero alcuni tra di noi che credono di essere nella Missione per evangelizzare i poveri e non per curarli, per occuparsi delle loro necessità spirituali e non di quelle temporali, direi loro che dobbiamo assisterli e fare in modo che vengano assistiti in tutti i modi possibili, da noi e dagli altri, se vogliamo sentire le parole del sovrano giudice dei vivi e dei morti: “Venite benedetti dal Padre mio, possedete il regno che è preparato per voi, perché ho avuto sete e mi avete dato da bere, ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ero nudo e mi avete vestito, malato e mi avete curato”. Fare questo vuol dire evangelizzare con parole e opere; è il modo più perfetto; è ciò che fece Nostro Signore e che devono fare tutti coloro che lo rappresentano sulla terra”.[11]

Con un linguaggio diverso, perché ci sono tre secoli di differenza, il Compendio ci ricorda che la salvezza è integrale, è la salvezza di tutta la persona: è una affermazione che per noi, figli e figlie di Vincenzo de Paoli non è nuova.

Proposta dell’ AIC per la riflessione:

  1. Qual è il principio fondamentale della Dottrina Sociale della Chiesa e su che cosa si fonda?
  2. Quale capitolo del Vangelo secondo Matteo viene citato in numerose occasioni dalla Dottrina Sociale della Chiesa e a che cosa si riferisce in concreto?
  3. In che modo possiamo risvegliare nelle persone che accompagniamo la coscienza della loro dignità?

 

[1] Juan Pablo II. Discurso inauguración Puebla, nº 5

[2] SV XIB, 553

[3] C.A., 57 2 “Serve dei poveri è come dire serve di Gesù Cristo, dato che Egli considera come fatto a Lui quello che si fa per loro, che sono le sue membra.”

[4] SV IXA, 302

[5] SV IXA, 240

[6] DCE, 15

[7] S.V., IX, 25

[8] Cf. SV XI A, 428-444 y 445-447

[9] SV X 954-955

[10] J.M. Ibáñez. La fe verificada en el amor. Ed. Paulinas-1993 p. 65

[11] SV XIA, 393

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