Ventisettesima domenica del Tempo Ordinario C Di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Ott 3, 2016 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Abacuc 1,2-3;2,2-4;
Salmo 94;
2Timoteo 1,6-8.13-14;
Luca 17,5-10

Lectio

Il brano del vangelo dimostra che cosa è la fede. Gli apostoli chiedono a Gesù di aumentare la loro fede. L’autore del brano evangelico intende dimostrare che la fede non è un fatto magico, che può aumentare o diminuire, ma la fede è la propria storia della salvezza, cioè il proprio rapporto con Dio, sia personale che comunitario.
Tale esperienza di Dio va coltivata giornalmente, al fine di non scandalizzarci quando, nella storia umana, vince il male sul bene, la menzogna al parlare sincero, i poteri forti sulla verità, perché il profeta annuncia che questa è la condizione di vita dei profeti che poi sarà quella di Cristo. E, come Cristo, l’autore della seconda lettera a Timoteo – che conosceva la teologia di Paolo – parla ad un vescovo e gli espone come un cristiano che serve la Chiesa come vescovo deve comportarsi, non tanto perché è vescovo, ma perché si è impegnato con Cristo nel giorno del suo battesimo.

Meditatio

La fede: ci sono ancora troppi cristiani che pensano che la fede sia un fatto magico: credere anche se non si vede nulla e poi? Se uno ci dimostra che Dio non esiste perché, se fosse buono non permetterebbe tutto il male che c’è nel mondo: guerre, terremoti, la morte degli innocenti ecc……
Coloro che ragionano in questo modo non hanno fatto una vera esperienza di Dio, ma sono fermi al dio tappabuchi, una figura che serve quando abbiamo bisogno di lui; oppure sono fermi alla figura del dio delle grazie, chiedere a dio questo, quell’altro e, una volta ricevuto, bisogna rendere alla divinità qualcosa!
Quando queste immagini di dio vanno in crisi una persona afferma che ha perso la fede, in realtà la fede non l’ha mai avuta, perché la fede è un’esperienza: la mia esperienza di Dio, che nessuno mi può togliere. No si può parlare di questa esperienza a coloro che non l’hanno fatta. Si può affermare che Dio è presente in ogni persona, specialmente negli ultimi….
L’autore della seconda lettura che espone ad un vescovo i suoi consigli è chiaro che si tratta di un cristiano che ha fatto l’esperienza dell’incontro con il Risorto. Infatti esorta il suo destinatario ad essere forte, prudente e testimone del vangelo, senza temere le conseguenze. Si direbbe nel linguaggio comune: sei cristiano e quindi devi metterci la faccia quando i problemi sorgono. Perché un cristiano che non mette la faccia è una persona che teme per la sua fama, per la sua vita, teme di perdere ciò che ha conquistato; oppure ambisce a ricoprire posti di prestigio e, per ottenere i suoi traguardi, il fine giustifica i mezzi…
È necessario essere prudenti perché, alle volte, i cristiani che non hanno incontrato il Risorto, si mascherano sotto il velo della prudenza, si fanno paladini dell’unità, del perorare al Signore la forza di guidare le menti ecc…in realtà si tratta di persone paurose e talvolta vili, pronti a colpirti alle spalle, persone che sono attente a saltare sul carro del vincitore, senza preoccuparsi di chi sia il vincitore; persone che affermano che non vogliono entrare nelle questioni ma, in realtà ci sono dentro fino al collo…..
Cerchiamo di essere cristiani che hanno incontrato il Risorto, che non hanno sempre sulle labbra il nome di Dio, ma che sono pronti a compiere la sua volontà, costi quel che costi, perché la vita non è tolta ma trasformata.

Buona domenica.

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