Trentesima Domenica del Tempo Ordinario B P. Giorgio Bontempi c.m.

da | Ott 22, 2015 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Geremia 31,7-9;
Salmo 125;
Ebrei 5,1-6;
Marco 10,46-52

Lectio

Chi è in grado di risanare un cieco? Solo Dio. Ora, se Gesù di Nazareth compie un miracolo simile, significa che egli è Dio.
Il miracolo del cieco non riguarda soltanto l’aspetto della divinità di Gesù. L’autore del vangelo di Marco sottolinea anche altri aspetti, che riguardano più da vicino la comunità cristiana. Il cieco, in Israele, era una persona che doveva ritenersi un grande peccatore che, per scontare la sua colpa, il Signore gli aveva mandato la malattia. Infatti questi non poteva, a causa della sua condizione avvicinare Gesù, perché egli era un Rabbì (una autorità), ma un cieco non poteva avere contatti anche con gli altri ebrei, senza contaminarli e farli diventare anch’essi peccatori. Questo spiega il perché le persone che si trovavano vicine a Gesù tendessero ad allontanare il cieco.
Bartimeo è la figura dell’ultimo che, nella comunità cristiana, deve occupare il primo posto. La voce del povero, del malato e dell’escluso è la voce di Dio: ecco perché Gesù lo accoglie e lo esaudisce. Naturalmente salta alla memoria la parabola del buon samaritano e la sua conclusione: va e anche tu fa’ lo stesso.
Il cieco è anche la figura della persona che non ha ancora avuto l’illuminazione, così la prima generazione cristiana denominava il battesimo. Bartimeo, riconoscendo la divinità di Gesù è da questi illuminato. Bartimeo, dopo l’illuminazione segue il Signore.

Meditatio

Ancora il vangelo pone alla nostra attenzione il problema dell’occuparsi di coloro che non hanno voce, di coloro che sono lo scarto della società.
I cristiani devono porre al centro queste persone, perché altrimenti si rischia di vanificare il nostro rapporto con Dio, perché non lo si riconosce nel povero e nel malato.
È importante, prima di tutto, saper riconoscere il povero ed il malato che ci sta accanto (in famiglia, in parrocchia, nelle comunità religiose) perché altrimenti si riesce a vedere solo il povero che ci sta lontano e, ci si nasconde dietro. Cioè si usa il povero per la nostra gloria, non per il suo bene e quello della chiesa. A questo punto la nostra cecità rende vano il culto: la celebrazione eucaristica domenicale o quotidiana; la celebrazione delle Lodi mattutine e dei Vespri e le varie devozioni private come il rosario ecc…resterebbero solo cose da fare, ma non avrebbero più il loro senso profondo, anzi sarebbero una conto testimonianza, perché, con parole e gesti si dice di fare ciò che in realtà non si fa.
Un aspetto che fa cogliere questo modo di sbagliato di lavorare nella chiesa è l’individualismo: coloro che si nascondono dietro i poveri in genere sono persone che non collaborano nella costruzione della chiesa (parrocchia, comunità religiosa), ma siccome sono individualisti, si appropriano di un servizio e fanno in modo che nessuno possa collaborare con loro. Ecco perché san Paolo insegna nell’inno alla carità: se anche io dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, sarebbe un nulla.

Invece coloro che avvicinano “Bartimeo” per aiutarlo disinteressatamente, coinvolgono altri, non si sentono “indispensabili. Si preoccupano che, nel servizio in cui operano, si veda la chiesa: la collaborazione nella comunità parrocchiale, la collaborazione nella comunità religiosa. La vera carità è collaborazione, unione, è costruzione della chiesa è far in modo che il povero che sabbiamo aiutato, possa prendere coscienza di essere persona e, sentendosi amato dal Signore, per mezzo della comunità cristiana, entri in essa e inizi la sua sequela al vangelo.

Buona domenica.

Prima lettura
Ger 31,7-9

Così dice il Signore:
«Innalzate canti di gioia per Giacobbe,
esultate per la prima delle nazioni,
fate udire la vostra lode e dite:
“Il Signore ha salvato il suo popolo,
il resto d’Israele”.
Ecco, li riconduco dalla terra del settentrione
e li raduno dalle estremità della terra;
fra loro sono il cieco e lo zoppo,
la donna incinta e la partoriente:
ritorneranno qui in gran folla.
Erano partiti nel pianto,
io li riporterò tra le consolazioni;
li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua
per una strada dritta in cui non inciamperanno,
perché io sono un padre per Israele,
Èfraim è il mio primogenito».

Salmo responsoriale
Sal 125

R.: Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.

Seconda lettura
Eb 5,1-6

Ogni sommo sacerdote è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati.
Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo.
Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne. Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: «Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato», gliela conferì come è detto in un altro passo:
«Tu sei sacerdote per sempre,
secondo l’ordine di Melchìsedek».

Vangelo
Mc 10,46-52

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

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