Venticinquesima domenica del Tempo Ordinario B di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Set 18, 2015 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Sapienza 2,12.17-20;
Salmo 53;
Giacomo 3,16-4,3;
Marco 9,30-37

Lectio

In Israele si era creata, ed era giunta fino ai tempi di Gesù, che il Messia, atteso dal popolo
ebraico, sarebbe dovuto nascere in una famiglia ricca o in una famiglia nobile  perché, questi due stati di vita significavano per gli ebrei avere su di sé la benedizione divina. Possiamo capire come la vita di Gesù di Nazareth apparisse incomprensibile ai suoi contemporanei, imprigionati dall’osservanza della legge di Mosè e da un rapporto con Dio improntato alla sottomissione, alla paura e alla meritocrazia. Ecco perché i discepoli, prima dell’incontro con il Risorto, non comprendono le parole ed i gesti di Gesù. Anzi, rimangono scandalizzati dal fatto che Gesù si poneva in contrasto con il modo che i capi del popolo d’Israele avevano nel rapportarsi a Dio, che non riconoscevano come il Padre amoroso di tutti gli uomini. I discepoli – ancora immersi  nella logica dell’osservanza e non in quella dell’amore gratuito erano interessati a chi fosse il più grande, per avere una maggior benedizione da Dio. Invece Gesù pone l’accento sul fatto che nel nuovo popolo di Dio, la Chiesa, coloro che sono considerati ultimi nella società ebraica – come il bambino che non era considerato una persona – dovranno sedere al primo posto, perché l’ultimo posto, quello della morte infame sulla croce è diventato il primo. Quando nella chiesa non si pone attenzione agli ultimi il clima diventa pesante, perché ci si interessa di primeggiare, di sedere ai primi posti e ci si allontana dal modello del Cristo sofferente, servo per amore, vanificando la preghiera e la carità.

Meditatio

L’invito ad essere come bambini che ci porgr il vangelo, spesso è interpretato come un tornare bambini, nel senso di fidarci di Dio, come un bambino si fida dei propri genitori, oppure si fa riferimento alla semplicità dei bambini. questo pone alcune  difficoltà: perché rinunciare all’età ed alla razionalità adulta, vista in una certa spiritualità cattolica di vecchio stampo, come un non fidarsi di Dio o un voler gestire la propria vita. Niente di più sbagliato. In una corretta interpretazione del brano evangelico, come ho scritto nella lectio, il bambino è segno dell’ultimo, del povero. Diventare come bambini significa diventare come il Cristo crocifisso, che ha occupato l’ultimo posto che è diventato il primo e segno di salvezza. ora, accogliere il bambino è accogliere l’ultimo: il povero, l’escluso, il malato ecc…. Vediamo come l’accogliere il bambino sia una cosa seria e non infantile. San Vincenzo de Paoli ci diceva che al povero si deve dare con amore, si deve farci perdonare quello che diamo a lui, perché in questo c’è il Signore. Inoltre, sempre san Vincenzo, ricordava alle sue suore e ai suoi preti che, nelle loro comunità, l’ultimo che era nella persona del malato e dell’anziano non più in grado di svolgere un servizio ( penso alle mie consorelle degenti nelle varie infermerie ed ai miei confratelli ricoverati o assistiti da badanti) ecco san Vincenzo sostiene con forza che, se fosse necessari, si dovrebbero vendere i calici per curare i malati in Comunità. Questo significa che, se i malati non sono accuditi con amore nelle cure, nel vitto e nella pulizia, celebrare l’eucaristia è mentire al Signore perché nella celebrazione, con parole e gesti, noi diciamo che, come riconosciamo il Risorto nei segni sacramentali, lo riconosciamo nell’ultimo. Se questo non accade la celebrazione è teatro: mentiamo al Signore.

Prima lettura
Sap 2,12.17-20

Dal libro della Sapienza [Dissero gli empi:] «Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta. Vediamo se le sue parole sono vere, consideriamo ciò che gli accadrà alla fine. Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti, per conoscere la sua mitezza e saggiare il suo spirito di sopportazione. Condanniamolo a una morte infamante, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà».

Salmo responsoriale

Sal 53 R.: Il Signore sostiene la mia vita

Dio, per il tuo nome salvami,
per la tua potenza rendimi giustizia.
Dio, ascolta la mia preghiera,
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Poiché stranieri contro di me sono insorti
e prepotenti insidiano la mia vita;
non pongono Dio davanti ai loro occhi.
Ecco, Dio è il mio aiuto,
il Signore sostiene la mia vita.
Ti offrirò un sacrificio spontaneo, loderò il tuo nome,
Signore, perché è buono. Seconda lettura

Giac 3,16-4,3Dalla lettera di san Giacomo apostolo
Fratelli miei, dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni. Invece la sapienza che viene dall’alto anzitutto è pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, imparziale e sincera. Per coloro che fanno opera di pace viene seminato nella pace un frutto di giustizia. Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni.

Vangelo Mc 9,30-37

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafarnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

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