Tredicesima domenica del Tempo Ordinario B Di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Giu 25, 2015 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Sapienza 1,13-15; 2,23-24;
Salmo 29;
2Corinzi 8,7.9.13-15;
Marco 5,21-43

Lectio

Il vangelo intende rispondere ad una delle domande fondamentali che si ponevano i rabbini del tempo: chi può risuscitare un morto, guarire un malato e controllare le forze della natura, solo con la parola o con un gesto? Solo Dio. Ora, se Gesù di Nazareth è in grado di compiere ciò, significa che egli è Dio.
Naturalmente questo significa che, coloro che non lo hanno riconosciuto, hanno perso l’occasione della vita! Invece, coloro che l’hanno accolto hanno costituito il nuovo popolo di Dio: la comunità cristiana. In questo nuovo popolo sono accolte persone provenienti da ogni razza e si cerca di sopperire ai loro bisogni.
In questa nuova comunità si testimonia che la vita non è tolta, ma trasformata, perché con la risurrezione di Cristo si comprende, per esperienza questo concetto.
Infine, nella comunità cristiana ci si prende cura dei poveri, perché in essi il Signore risorto è presente in un modo particolare.

Meditatio

È importante ricordare che, prima della redazione dei quattro vangeli, sono state scritte le lettere autografe di Paolo, una di queste è la seconda lettera ai Corinzi, da cui è stato tratto il brano della seconda lettura.
Al tempo del vangelo di Marco (65 – 75 d.C.), le comunità cristiane erano ormai, o formate da persone provenienti dal paganesimo (cfr. quella di Marco), oppure comunità miste: giudeo – cristiani e cristiani provenienti dal paganesimo.
Ecco il senso dell’attenzione di Gesù verso la donna cananea.
Ma il brano potrebbe avere anche altre accezioni: la donna cananea è figura di ogni persona che si rende conto che, l’unico che può guarire il suo spirito, è il Cristo. Un po’ tutti dobbiamo riconoscerci nella donna cananea.
Invece l’episodio della figlia di Giàiro, ci ricorda che la vita non è tolta, ma trasformata. Che la vita umana è relativa alla vita eterna; che in paradiso ci andremo perché siamo figli;
che in paradiso si vive la vita che sogniamo ogni giorno: senza difetti nostri e altrui, perché ci sarà donata gratuitamente dal Padre la perfezione.
In paradiso ci riconosceremo, non saremo una massa anonima: ognuno sarà se stesso.
In paradiso i malati psichici e fisici, li troveremo normali. Ecco perché la vita umana non può essere toccata, perché stabilire chi può vivere o meno, significa che oltre la vita umana non esiste altro. Le dittature del ‘900 hanno provato a cavalcare questo cavallo, ma i risultati sono stati disastrosi: guerre, campi di sterminio ecc….
Testimoniamo, tramite il servizio nei confronti degli ultimi, in cui Cristo è presente in modo particolare, che la vita non è tolta, ma trasformata.

Buona domenica.

Prima lettura
Sap 1,13-15; 2,23-24

Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.
Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano;
le creature del mondo sono portatrici di salvezza,
in esse non c’è veleno di morte,
né il regno dei morti è sulla terra.
La giustizia infatti è immortale.
Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità,
lo ha fatto immagine della propria natura.
Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo
e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.

Salmo responsoriale
Sal 29

R.: Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato.

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia.

Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.

Seconda lettura
2Cor 8,7.9.13-15

Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa.
Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».

Vangelo
Mc 5,21-43

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

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