Terza domenica di Avvento B Domenica “Gaudete” Di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Dic 12, 2014 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Isaia 61,1-2.10-11;
Salmo Lc 1;
1Tessalonicesi 5,16-24;
Giovanni 1,6-8.19-28

Nota storica.

La terza domenica di avvento è detta anche dominica gaudete. Gaudete (= rallegratevi) così inizia l’antifona d’ingresso, che si proclama qual’ora non si canti il canto d’ingresso (ci dovremmo trovare in una situazione triste: quella di una liturgia monca, cioè senza la parte importante del canto….speriamo non avvenga mai, specie nelle celebrazioni eucaristiche domenicali, ma anche feriali. Ricordiamo che una liturgia sciatta è di grave danno ai cristiani!
Torniamo alla storia, l’antifona d’ingresso gaudete, la troviamo per la prima volta nella messa del XII secolo, naturalmente in quel tempo, in cui non esisteva più l’assemblea celebrante, ma la liturgia era diventata – dall’inizio del secondo millennio – un affare per preti e monaci –  tale antifona era cantata in gregoriano. Ora sull’esempio della IV domenica di Quaresima domenica in Laetare, in cui s’invita alla gioia dell’attesa della Pasqua ed era mitigato, in quel giorno, il digiuno, la stessa cosa accadeva in avvento in questa domenica. Come ricordo di questa antica prassi, in alcune chiese si potrà vedere il prete indossare la casula color rosa al posto del colore viola.

Lectio

Il brano evangelico intende rispondere a coloro che pensavano che Giovanni il battista fosse il messia atteso. Giovanni non era il messia, ma soltanto un messaggero di costui.
Giovanni, proprio perché precursore di Gesù di Nazareth – il messia atteso – è il più grande tra gli antichi profeti.
Giovanni, come tutti i grandi che hanno seguito il Signore, si ritiene un servo di Gesù, addirittura uno schiavo. Infatti al loro tempo era lo schiavo che faceva calzare i sandali al padrone. Giovanni non si appropria del bene che compie, ma è cosciente che questo è solo opera di Dio.
La prima lettura tratta anch’essa dell’opera del profeta, ma si può intravedere l’immagine del profeta per eccellenza, il Signore Gesù.
Isaia espone quali sono i doveri del profeta: egli è inviato da Dio per denunciare l’ingiustizia che alberga nel popolo di Dio e anche a metterci la faccia, per far in modo che questa termini. Così fece anche il Battista e Gesù.
Coloro che seguono Gesù e vivono come il profeta per eccellenza, sono esortati da Paolo a rallegrarsi perché, quando il Signore verrà, ricordiamo ancora una volta che la prima generazione cristiana era convinta di essere presente alla fine del mondo, li troverà vigilanti e pronti ad accogliere lo Sposo: il Signore. Questa è la situazione di vita a cui ogni cristiano deve mirare.

Meditatio

Ricordiamo ancora una volta, ripetere giova, che il profeta non è un mago o un indovino, ma è colui che sa vedere il Signore che passa, ogni giorno, nelle nostre strade nel volto dei fratelli, specialmente in coloro che sono in difficoltà.
Il profeta è colui che non si arroga il merito di saper vedere il Signore ma, come Giovanni, si ritiene una persona che lavora al servizio del Signore. Il profeta è cosciente che il bene che compie è fatto, non da lui, ma dallo Spirito Santo.
Per questo un profeta crea unità, collaborazione, costruisce la chiesa quotidianamente, cerca che gli altri stiano bene con lui, perché avendo incontrato il Risorto è sicuro, per esperienza che Dio esiste, che è Padre di tutti, non soltanto dei cristiani, ma di tutti….per questo diciamo Padre nostro. Infine il profeta si sente amato gratuitamente da Dio.
Questo però, non significa che il profeta sia un cristiano che, per ragione di quella falsa carità, alla quale ci hanno educato in buona fede, tace e non denuncia ingiustizie, soprusi, specialmente quando ne sono vittime i poveri, che non hanno possibilità economiche mentre i ricchi che li hanno angariati, pagando avvocati e corrompendone altri, possono anche giungere ad avere documenti a loro favore da parte dei tribunali umani.

Siamo profeti tra la gente.

Buona domenica.

Prima lettura
Is 61,1-2.10-11

Lo spirito del Signore Dio è su di me,
perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
a promulgare l’anno di grazia del Signore.
Io gioisco pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti della salvezza,
mi ha avvolto con il mantello della giustizia,
come uno sposo si mette il diadema
e come una sposa si adorna di gioielli.
Poiché, come la terra produce i suoi germogli
e come un giardino fa germogliare i suoi semi,
così il Signore Dio farà germogliare la giustizia
e la lode davanti a tutte le genti.

Salmo responsoriale
Lc 1

Rit.: La mia anima esulta nel mio Dio.
L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia.

Seconda lettura
1Ts 5,16-24

Fratelli, siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male.
Il Dio della pace vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è colui che vi chiama: egli farà tutto questo!

Vangelo
Gv 1,6-8.19-28

Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

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