Commemorazione di tutti i fedeli defunti , Di p. Giorgio Bontempi c.m.

da | Nov 1, 2014 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

La commemorazione di tutti i fedeli defunti sorge nell’alto medioevo, quando si perse l’aggancio con l’antica tradizione cristiana: liturgia in latino, una lingua che il popolo di Dio non parlava più da qualche secolo; progressiva clericalizzazione della chiesa fino a farla apparire solo come insieme di vescovi, preti, diaconi, monaci e monache. Di conseguenza l’allontanamento del popolo dalle celebrazioni in cui questo ricopriva la parte del “muto spettatore”, le chiese erano piene, ma vuote di assemblee celebranti. Anche la Parola di Dio era preclusa, la lettura della bibbia era proibita, ma anche se non lo fosse stata, l’analfabetismo era diffusissimo, anche negli strati alti della società (l’imperatore Carlo Magno era analfabeta), la cultura risiedeva, quasi esclusivamente, nelle abbazie benedettine.
Allora si comprende che, quanto ho scritto sopra, non significa una critica distruttiva del passato, ma serve a comprendere il presente.

Questo serve a comprendere come si sia instaurata nei cristiani, lungo i secoli, una visione “buia” della morte; una visione in un certo senso terrificante: tutti dopo la morte si andrà nelle fiamme del purgatorio e là rimarremo fino a che, a forza di Messe dette in nostro suffragio, il Signore ci farà entrare in Paradiso ma, anche in paradiso la risurrezione non sarà completa, fino a che il nostro corpo non si riunirà all’anima nell’ultimo giorno, cioè quando la terra finirà di esistere. Che visione terroristica!!!!

Ecco perché i nostri cimiteri non richiamano la bellezza della risurrezione, ma la tristezza della morte, a differenza delle catacombe, che non erano il luogo in cui i primi cristiani si nascondevano per paura delle persecuzioni, ma erano il luogo dove seppellivano i loro morti, perché un cristiano non poteva essere seppellito nella necropoli (la città della morte) che era il luogo delle sepolture dei pagani. Qui i cristiani affrescavano le tombe dei loro cari con colori vivi. In quelle pitture emergeva la figura del pavone, che rappresentava il Cristo risorto, la celebrazione dell’eucaristia e le opere di carità. Si trattava di una catechesi tramite il linguaggio non verbale.

Oggi, noi cristiani, dovremmo festeggiare tutti i nostri cari il giorno dei santi. Questo sarebbe un attestato che abbiamo compreso la bontà del Padre, che ci ama, non per i nostri meriti, ma perché siamo suoi figli.

Quindi, quando il nostro corpo umano smetterà di funzionare, noi ci troveremo dinnanzi al Padre, in quel momento ci renderemo conto di tutti i nostri limiti, i quali non ci hanno permesso di seguire il Signore e di vivere il vangelo come avremmo dovuto fare.
Non ci resterà altro che chiedere perdono al Padre dal profondo del nostro cuore. Così il Padre, pieno di gioia, ci aprirà il suo cuore e vivremo con lui la vita che abbiamo sempre sognato nel suo paradiso, dove ciascuno potrà leggere nel cuore dell’altro e, senza difetti, noi potremo vivere insieme gli uni gli altri.

Auguriamoci che, quanto prima, si ricuperi questa visione della vita eterna che era caratteristica delle comunità dei primi secoli e si abbandoni sempre di più quella corrente e le conseguenze che ha portato lungo il secondo millennio, come la storia delle indulgenze, che speriamo siano abolite quanto prima, perché non hanno alcun senso.

Buona domenica.

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