Trentesima domenica del Tempo Ordinario A Di p. Giorgio Bontempi c.m

da | Ott 24, 2014 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Esodo 22,21-27;
Salmo 17;
1Tessalonicesi 1,5-10;
Matteo 22,34-40

Lectio

Il vangelo espone una delle grandi domande che si ponevano i rabbini al tempo di Gesù: quale è il grande comandamento? Essi non trovavano delle risposte adeguate, sicure. Ora, se Gesù da una risposta sicura significa che egli è Dio, perché i rabbini sostenevano che soltanto Dio poteva fornire risposte esaurienti alle grandi domande.
Gesù afferma la priorità di Dio sulla vita dell’uomo: è Dio che governa la vita umana perché questa possa dirsi tale. Ma, sempre Gesù continua, onorare Dio, come punto di riferimento della propria vita, ha di conseguenza l’onorarlo nel volto del prossimo.
È importante, a questo punto, sottolineare una grande differenza: con il termine prossimo nell’ebraismo contemporaneo a Gesù, s’intendeva la persona appartenente al popolo ebraico. Coloro che non erano ebrei non erano da considerarsi prossimo. C’era stata una chiusura di prospettiva, rispetto al quadro che ci è presentato nel brano dell’Esodo – proclamato come prima lettura – in cui nella categoria prossimo s’inserisce anche il forestiero, colui che non è ebreo.

Meditatio

Una delle caratteristiche fondamentali del cristianesimo è proprio quella di onorare Dio nel volto del prossimo, in particolare nel volto di coloro che, per condizioni sociali ed economiche sono tenuti ai margini della società.
Anche nell’Antico testamento (cfr. la prima lettura) c’era questa raccomandazione, nel brano dell’Esodo, proposto in questa domenica, si parla dell’attenzione all’orfano e alla vedova che, non essendoci in quell’epoca le pensioni, quando veniva meno il capofamiglia, spesso cadevano in miseria.
Un’altra attenzione al prossimo era quella di non condurlo alla rovina tramite l’usura, che era considerata un grave peccato nel popolo ebraico, alla stessa stregua era il togliere al fratello gli elementi indispensabile per vivere (cfr. il mantello).

Nel nuovo popolo di Dio, la comunità cristiana, non solo il prendersi cura dei fratelli e specialmente dei poveri è un dovere fondamentale ma, facendo così s’incontra il Signore Risorto. L’attenzione ai poveri è la prova del nove della qualità della nostra sequela dietro al Signore.
Questa attenzione è importante averla con lo spirito giusto. Nel film Monsieur Vincent, il bellissimo lungometraggio in cui si espone il pensiero di san Vincenzo de Paoli, il regista pone in bocca al santo questa battuta: […] un pane ed un brodo possono darlo tutti, ma con il nostro amore dobbiamo farci perdonare il pane che offriamo [ai poveri].
È certamente il pensiero di san Vincenzo, perché egli sapeva che la carità cristiana va esercitata come servizio al Signore presente nel prossimo. Servizio significa essere veramente preoccupati che oggi  il povero sia servito, ma anche domani….quando si segna il passo e non si vede nelle opere caritative più lontano del proprio naso e ci si chiude nelle solite quattro cose….si rischia di non servire più il Signore nei poveri ma di servire noi stessi, cioè di cercare nel servizio una compensazione una autoreferenzialità, non si è più aperti allo Spirito: si portano le opere alla morte. Al contrario si costruisce la chiesa e le opere fioriscono perché si opera con lo spirito dei servi inutili di evangelica memoria.

Buona domenica

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