XXX Domenica del Tempo Ordinario A

da | Ott 22, 2011 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

XXX Domenica del Tempo Ordinario A

Di p. Giorgio Bontempi c.m.

Esodo 22, 20 – 26

Dal Salmo 17

1 Tessalonicesi 1,5c – 10

Matteo 22,34 – 40

 

Lectio

Il libro dell’Esodo ricorda ad Israele il periodo della schiavitù, perché la sofferenza patita dev’essere motivo di misericordia e di comprensione della sofferenza altrui. È probabile che il brano che è stato scelto come prima lettura in questa domenica, abbia la sua origine in un momento di crisi, molto simile a quella attuale, in cui ci sono persone che, in nome dell’ordine, della pulizia e della correttezza, vorrebbero ripulire l’Italia dagli stranieri, colpevoli di quasi tutto il male che c’è nel nostro Paese.

Inoltre l’autore del libro dell’esodo ricorda all’israelita la cura dei poveri che erano all’interno della comunità: l’orfano e la vedova. Infine c’è il severo ammonimento contro l’usura, computata come grave peccato. Infine a nessuno è consentito prendere in pegno le cose che sono indispensabili per vivere oltre il tramonto del sole.

Al tempo di Gesù i capi del popolo ebraico avevano dimenticato le norme scritte nell’Esodo: il prossimo era solo l’altro ebreo; i poveri erano tali perché scontavano, tramite la loro indigenza gravi mancanze.

Il vangelo sovverte questo stato di cose: il prossimo è qualunque persona si presenti davanti a me, specialmente coloro che si trovano in necessità.

L’amore di Dio si manifesta nell’amore del prossimo. Ecco la risposta di Gesù ad una delle grandi domande dei rabbini.

 

Meditatio

Nella storia la chiesa è stata coerente con l’insegnamento di Gesù nella misura in cui ha espresso la sua carità.

Ogni uomo è mio fratello, recitava uno slogan di qualche decina d’anni orsono.

Oggi, più che mai, è importante rivisitare il pensiero di Cristo in materia: amerai il tuo prossimo come te stesso!!

Perché? perché nel volto di ogni persona si nasconde il volto del Cristo risorto. Quindi accogliere il prossimo significa accogliere il Risorto.

Questo però non vuol dire che amare gli altri sia sinonimo di far finta di nulla e coprire ciò che il nostro prossimo compie di male.

Amare gli altri in modo vero è anche aiutarli a prendere coscienza dei propri errori, ed a aiutarli a compiere un cammino per uscire dalle situazioni scabrose in cui vivono.

Altrimenti la carità non è più tale, ma servirebbe come copertura del male e dell’ingiustizia verso coloro che hanno patito del male commesso da altri. Purtroppo questo è accaduto e accade tuttora. Preghiamo il Signore che aiuti la Chiesa ad avere sempre di più il coraggio della verità.

 

Buona domenica

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