IV Domenica di Quaresima C

da | Mar 13, 2010 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Il perdono e la capacità di autocritica: caratteristiche del cristiano.

Di p. Giorgio Bontempi c.m.

Genesi 5,9°.10 – 12

Salmo 33

2Corinzi 5,17 – 21

Luca 15,1 – 3.11 – 32

Lectio

Al centro della liturgia della Parola di questa domenica c’è la pericope di Luca, che narra la parabola del figlio prodigo.

Si tratta dell’esposizione del comportamento del Padre nei confronti dell’umanità: di ciascuno di noi. Egli ci accoglie quando – facendo un’autocritica seria sul nostro comportamento – decidiamo di tornare a Lui.

Il Dio di Gesù Cristo – il Padre – non il dio degli Scribi e dei Farisei, è sempre accogliente verso gli uomini.

È Lui che ci conduce nel cammino della vita, anche quando non riusciamo a comprenderne l’operato (1ª Lettura) ed è sempre Lui che, per dimostrare quanto l’umanità, non una o più persone, ma l’umanità intera gli sta a cuore, viene a condividere la condizione umana delle persone qualunque. È proprio questo amore per le persone che lo conduce alla morte, perché Cristo vuole fare comprendere ai suoi connazionali che Dio è Padre, Padre di tutti e che tutti sono da lui amati come figli (2ª Lettura).

Meditatio

Il vangelo tratta di situazioni concrete della vita quotidiana degli ebrei al tempo di Gesù e della prima generazione cristiana. Infatti il vangelo segue il metodo della predicazione di Cristo. Perché Egli è stato ucciso dai capi del suo popolo, perché è stato rifiutato? Perché la sua predicazione era comprensibile a tutti e allora i capi hanno avuto paura, ma paura di che? Di perdere il potere sul popolo; paura che la loro immagine di Dio: quella che premia i giusti e castiga i cattivi, fosse cancellata….che Dio sarebbe uno che ama tutti, che perdona tutti, non è un dio serio, non può esistere un dio simile!

Questo è anche il pensiero del figlio maggiore della parabola: sempre obbediente ai comandamenti della Legge di Mosè, obbediente ai comandi del padre, scrupoloso in tutto, ma triste…con un rancore profondo dentro di sé.

In primo luogo verso suo fratello, perché aveva avuto il coraggio di andarsene, di sfidare la Legge e tutti i precetti. In secondo luogo verso se stesso, perché soffriva della sua situazione di passività, anche se questa le procurava sicurezza.

Ecco perché, quando il Padre riaccoglie il figlio che torna pentito, egli esplode in tutta la sua amarezza: «[…] tu non mi hai mai dato….ma quando questo tuo figlio…[…]». Quanta tristezza…..quanto tempo sprecato ad adorare un Dio che non esiste, perché Dio è Padre e non giudice, come lui ha sempre inteso!!

Purtroppo egli non ha compreso la fortuna di essere sempre vissuto nella casa accanto al Padre, di aver potuto condividere tutto con Lui: questa è la vera e la sola fortuna della vita!!!

Quante volte invece si sentono cristiani che ragionano secondo la logica del figlio maggiore:«….vuoi vedere che il tale, che si è goduto la vita, poi alla fine me lo ritrovo in Paradiso accanto a me?» Ma chi è colui che si gode la vita? È il cristiano!! Ma il cristiano che ha incontrato il Risorto nei fratelli, in particolare nei poveri! Costui ha compreso che Dio è Padre e che vuol bene a lui e a tutti, perché è genitore. Allora questo cristiano si sente amato da Dio gratuitamente e tale condizione lo fa vivere nella gioia. Gioia che gli permette di compiere una seria autocritica nei suoi riguardi e con la “vera” umiltà egli dirà a dio: «Padre: sono un peccatore, un limitato…..ma so che tu mi ami così come sono». Allora il riconoscere le proprie colpe non creerà angoscia, ma tensione per piacere sempre di più al Padre…e non si sentirà attorniato dalle forze malefiche, da un mondo che è in mano a satana, ma vivrà nel campo in cui il Padre, Dio, semina continuamente con tanto amore.

Il recupero della figura del Padre, per un cristiano è fondamentale.


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