Il Piacere della Messa 11

da | Dic 10, 2009 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

La celebrazione eucaristica: da i Riti di Comunione ai Riti di Conclusione.
a cura di p. Giorgio Bontempi C.M.

Riti di Comunione

80. Poiché la celebrazione eucaristica è un convito pasquale, conviene che, secondo il comando del Signore, i fedeli ben disposti ricevano il suo Corpo e il suo Sangue come cibo spirituale. A questo mirano la frazione del pane e gli altri riti preparatori, che dispongono immediatamente i fedeli alla Comunione.

Commento:

i riti di comunione costituiscono la terza parte della celebrazione dell’eucaristia.

Preghiera del Signore

81. Nella Preghiera del Signore si chiede il pane quotidiano, nel quale i cristiani scorgono un particolare riferimento al pane eucaristico, e si implora la purificazione dai peccati, così che realmente i santi doni vengano dati ai santi. Il sacerdote rivolge l’invito alla preghiera, che tutti i fedeli dicono insieme con lui; ma soltanto il sacerdote vi aggiunge l’embolismo, che il popolo conclude con la dossologia. L’embolismo, sviluppando l’ultima domanda della preghiera del Signore, chiede per tutta la comunità dei fedeli la liberazione dal potere del male. L’invito, la preghiera del Signore, l’embolismo e la dossologia, con la quale il popolo conclude l’embolismo, si cantano o si dicono ad alta voce.

Commento

Il Padre nostro: conosciamo la sua importanza, ci ricorda che, come Chiesa e come singoli cristiani, dobbiamo cercare di compiere la volontà del Padre, che è il segreto della nostra felicità.
Teniamo presente che, l’invito alla preghiera, se non si usano le formule proposte dal Messale, lo si faccia in modo breve e chiaro (es. Preghiamo il Padre, con la preghiera che il Signore ci ha insegnato, affinché possiamo compiere la sua volontà)
Il rischio è quello di riproporre delle piccole omelie farraginose….

La preghiera: «Signore Gesù Cristo…» non è bene abituare il popolo a recitare con noi questa preghiera. Invece, facciamo in modo, che l’assemblea, interagisca bene nelle parti dei dialoghi che le competono: (es. ci si preoccupa di recitare insieme la preghiera in questione ma non, al momento della dossologia, dell’amen, che spesso è una pena…).

Rito della pace

82. Segue il rito della pace, con il quale la Chiesa implora la pace e l’unità per se stessa e per l’intera famiglia umana, e i fedeli esprimono la Comunione ecclesiale e l’amore vicendevole, prima di comunicare al Sacramento.
Spetta alle Conferenze Episcopali stabilire il modo di compiere questo gesto di pace secondo l’indole e le usanze dei popoli. Conviene tuttavia che ciascuno dia la pace soltanto a chi gli sta più vicino, in modo sobrio.

Commento:

Il rito della pace:è bene non omettere questo gesto, ma anche non banalizzarlo. Ci ricorda la pace del Signore. Quella pace che, a volte, nelle comunità parrocchiali non c’è, perché esiste la corsa al potere da parte dei gruppi parrocchiali, o peggio, quando ci sono i movimenti ecclesiali, si può tramutare anche in violenza, in ideologia, perché questi tendono, come ho già accennato in precedenza, ad occupare la parrocchia e farne una loro succursale. Allora, al momento della pace si dovrebbe avere il coraggio di verificare la situazione nel profondo del nostro cuore e poi avere il coraggio di discuterne in consiglio pastorale.

Frazione del pane

83. Il sacerdote spezza il pane eucaristico, con l’aiuto, se è necessario, del diacono o di un concelebrante. Il gesto della frazione del pane, compiuto da Cristo nell’ultima Cena, che sin dal tempo apostolico ha dato il nome a tutta l’azione eucaristica, significa che i molti fedeli, nella Comunione dall’unico pane di vita, che è il Cristo morto e risorto per la salvezza del mondo, costituiscono un solo corpo (1 Cor 10,17). La frazione del pane ha inizio dopo lo scambio di pace e deve essere compiuta con il necessario rispetto, senza però che si protragga oltre il tempo dovuto e le si attribuisca esagerata importanza. Questo rito è riservato al sacerdote e al diacono. Il sacerdote spezza il pane e mette una parte dell’ ostia nel calice, per significare l’unità del Corpo e del Sangue di Cristo nell’opera della salvezza, cioè del Corpo di Cristo Gesù vivente e glorioso. Abitualmente l’invocazione Agnello di Dio viene cantata dalla schola o dal cantore, con la risposta del popolo, oppure la si dice almeno ad alta voce. L’invocazione accompagna la frazione del pane, perciò la si può ripetere tanto quanto è necessario fino alla conclusione del rito. L’ultima invocazione termina con le parole dona a noi la pace

Commento:

la frazione del pane ci ricorda, oltre a quello che è stato detto sopra, che l’eucaristia è composta da due specie: corpo e sangue, alle quali tutti dovrebbero poter accedere.

L’agnello di Dio è una preghiera che deve intonare o cantare l’assemblea.
Alla celebrazione della messa esequiale, non si canta più l’agnus Dei da morto […dona eis requiem], ma quello comune!!

Comunione
84. Il sacerdote si prepara con una preghiera silenziosa a ricevere con frutto il Corpo e il Sangue di Cristo. Lo stesso fanno i fedeli pregando in silenzio. Quindi il sacerdote mostra ai fedeli il pane eucaristico sulla patena o sul calice e li invita al banchetto di Cristo; poi insieme con loro esprime sentimenti di umiltà, servendosi delle prescritte parole evangeliche.
85. Si desidera vivamente che i fedeli, come anche il sacerdote è tenuto a fare, ricevano il Corpo del Signore con ostie consacrate nella stessa Messa e, nei casi previsti, facciano la Comunione al calice (Cf. n. 284), perché, anche per mezzo dei segni, la Comunione appaia meglio come partecipazione al sacrificio in atto (73).
86. Mentre il sacerdote assume il Sacramento, si inizia il canto di Comunione: con esso si esprime, mediante l’accordo delle voci, l’unione spirituale di coloro che si comunicano, si manifesta la gioia del cuore e si pone maggiormente in luce il carattere «comunitario» della processione di coloro che si accostano a ricevere l’Eucaristia. Il canto si protrae durante la distribuzione del Sacramento ai fedeli(74). Se però è previsto che dopo la Comunione si esegua un inno, il canto di Comunione s’interrompa al momento opportuno.
Si faccia in modo che anche i cantori possano ricevere agevolmente la Comunione.
87. Per il canto alla Comunione si può utilizzare o l’antifona del Graduale romanum, con o senza salmo, o l’antifona col salmo del Graduale simplex, oppure un altro canto adatto, approvato dalla Conferenza Episcopale. Può essere cantato o dalla sola schola, o dalla schola o dal cantore insieme col popolo.
Se invece non si canta, l’antifona alla Comunione proposta dal Messale può essere recitata o dai fedeli, o da alcuni di essi, o dal lettore, altrimenti dallo stesso sacerdote dopo che questi si è comunicato, prima di distribuire la Comunione ai fedeli.
88. Terminata la distribuzione della Comunione, il sacerdote e i fedeli, secondo l’opportunità, pregano per un po’ di tempo in silenzio. Tutta l’assemblea può anche cantare un salmo, un altro cantico di lode o un inno.

89. Per completare la preghiera del popolo di Dio e anche per concludere tutto il rito di Comunione, il sacerdote recita l’orazione dopo la Comunione, nella quale invoca i frutti del mistero celebrato.
Nella Messa si dice una sola orazione dopo la Comunione, che termina con la conclusione breve, cioè:
– se è rivolta al Padre: Per Cristo nostro Signore;
– se è rivolta al Padre, ma verso la fine dell’orazione medesima si fa menzione del Figlio: Egli vive e regna nei secoli dei secoli;
se è rivolta al Figlio: Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Il popolo fa sua l’orazione con l’acclamazione Amen.

Commento:

per quanto riguarda la comunione desidererei puntualizzare alcuni aspetti, che ritengo importanti.
La processione dei fedeli: questa, come le altre, ricorda che siamo Chiesa in cammino, che non sei tu – singola persona – che vai a ricevere il “tuo” Gesù, come accadeva quando si celebrava con il rito di Pio V° e, al momento della comunione, ci si inginocchiava alla balaustra e, piamente, devotamente, ma individualmente, si riceveva la comunione. Che la comunione fosse una “devozione” privata, lo prova il fatto che si riceveva, spesso e volentieri, al di fuori della Messa!

Quindi la processione ci ricorda che siamo chiesa, nel segno della comunità parrocchiale, riunita in assemblea, per celebrare l’eucaristia. Certo è necessario educare i fedeli a questo gesto, che spesso fanno come se fossero in fila allo sportello della posta, dove, se è possibile, si cerca di saltare la fila…
Il pane consacrato nella Messa: oggi non ha più senso che, nelle parrocchie si conservi un gran numero di particole, nella riserva dell’eucaristia (tabernacolo), ma è possibile, con un po’ più di attenzione comunicare i fedeli con le ostie consacrate nella stessa celebrazione. Inoltre si dovrebbe – sempre di più – studiando le modalità, far partecipare le assemblee anche al calice, perché non ha senso invitare tutti al calice “Beati gli invitati…” e poi farlo assumere da pochi o anche dal solo presidente.

Il sacro silenzio: abituiamo le nostre assemblee al sacro silenzio terminato il canto di comunione. In quel momento tutti si siedono e restano in silenzio per alcuni minuti.
Tutti, perché è l’assemblea che vive anche questo momento comunitariamente. È bene educare i fedeli, a capire il senso di questo gesto ed evitare che lo vivano individualmente, mettendosi in ginocchio.

Il modo di ricevere l’eucaristia: “prendete e mangiate”: nel linguaggio comune prendere non significa “farsi imboccare”, così educare i fedeli alla bellezza del dare senso al linguaggio liturgico.
Inoltre far comprendere che ricevuta e consumata l’eucaristia, non è necessario fare segni di croce, genuflessioni. Ci si reca al posto in modo decoroso.
Per quanto riguarda l’orazione dopo la comunione, vige quanto ho già scritto per la colletta e l’orazione sulle offerte.

D) RITI DI CONCLUSIONE

90. I riti di conclusione comprendono:

a) brevi avvisi, se necessari;

b) il saluto e la benedizione del sacerdote, che in alcuni giorni e in certe circostanze si può arricchire e sviluppare con l’orazione sul popolo o con un’altra formula più solenne;

c) il congedo del popolo da parte del diacono o del sacerdote, perché ognuno ritorni alle sue opere di bene lodando e benedicendo Dio;

d) il bacio dell’altare da parte del sacerdote e del diacono e poi l’inchino profondo all’altare da parte del sacerdote, del diacono e degli altri ministri.

Commento:

i riti di conclusione, non devono essere considerati un’appendice, che si può mettere in atto come meglio si crede.

a) Gli avvisi: penso che sia meglio – più funzionale – leggere gli avvisi parrocchiali prima dell’orazione dopo la comunione, perché l’assemblea è seduta. Quello che è più importante è che, la lettura degli avvisi, sia una lettura. Si abbandoni la brutta abitudine di “commentare” gli avvisi, che poi li rendono ancora più incomprensibili e, in genere, chi ha l’abitudine delle lunghe monizioni, non è capace, ne di predicare ne di presiedere e, al momento degli avvisi, la gente è stufa, non ne può più, perché ha subito una celebrazione “pesante”! io in parrocchia invitavo la gente a prendere il foglio degli avvisi e a leggerselo a casa.

b) La benedizione solenne: quando s’impartisce la benedizione solenne, vi suggerisco, prima di iniziare di rivolgere all’assemblea questo invito:“ad ogni invocazione della benedizione solenne, rispondete: Amen”, perché altrimenti, dopo la prima invocazione, soltanto alcuni risponderanno l’amen e la solennità scade…!

c) Il rientro in sacrestia: sembra che non si sappia più rientrare in sacrestia al termine delle celebrazioni. Dopo il bacio della mensa da parte del presidente e del diacono, per gli eventuali concelebranti è facoltativo, questi, naturalmente, o baciano la mensa tutti o nessuno, ci si dispone a due a due – vale anche per il servizio – e in questo modo si fa l’inchino o la genuflessione se c’è il tabernacolo, e si incede lentamente, in modo che si costituisca la processione con cui si rientra in sacrestia. In sacrestia ci si dispone, giunto anche chi presiede, per l’inchino alla croce, con il quale si termina il rito.

Conclusione

Ho cercato di commentare l’ordinario della Messa,tentando di entrare nei problemi della pastorale della chiesa italiana, quando questa celebra la cena del Signore. Certamente questa mia fatica non esaurisce l’argomento: tutt’altro! Sarebbe bello aprire un dibattito sulla liturgia, all’interno della Famiglia Vincenziana, anche via Mail. Potrebbe essere un tentativo, per una formazione, in vista delle celebrazioni del 2010: le “conferenze del martedì”via mail?……….

Note:

73 Cf. SACRA CONGREGAZIONE DEI RITI, Istruzione Eucharisti***** mysterium, 25 maggio 1967, nn. 31, 32: AAS 59 (1967) 558-559; SACRA CONGREGAZIONE PER LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI, Istruzione Immensae caritatis, 29 gennaio 1973, n. 2: AAS 65 (1973) 267-268.
74 Cf. SACRA CONGREGAZIONE PER I SACRAMENTI E IL CULTO DIVINO, Istruzione Inestimabile donum, 3 aprile 1980, n. 17: AAS 72 (1980) 338.

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