Tempo di Avvento Anno C

da | Nov 29, 2009 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

Prima domenica

Accogliamo il Signore che viene…

di p. Giorgio Bontempi C.M.

INTRODUZIONE

Il tempo d’avvento entra nella liturgia romana nel VII secolo (600).
In questo primo periodo dell’anno liturgico, ci si prepara alla solennità del Natale del Signore e alla “seconda “venuta di Cristo alla fine della storia.

Per compiere bene il cammino dell’avvento e non banalizzarlo, in modo che, al sopraggiungere del Natale, ci sia parso di vivere la solita vicenda che si ripete annualmente, ma che poi non incide sulla vita quotidiana, il cristiano deve fare attenzione a:

– il Signore viene: quando? Ogni giorno! Dove? Nelle persone che incontro! Lo accolgo?

– ecco che il tempo liturgico dell’Avvento entra nella vita:, diventa una “cosa” seria. Ogni scansione dell’anno liturgico deve essere vissuta così. Vedremo come, in quest’ottica, il Natale cambia completamente prospettiva.

LECTIO

Per comprendere i testi proposti nella prima domenica d’Avvento è necessario introdurci alle problematiche del mondo in cui è stato redatto il Nuovo Testamento.

La prima generazione cristiana, che è quella che ha vissuto dalla morte e risurrezione del Signore, fino all’anno 100/120, periodo in cui si chiude la redazione dell’opera giovannea (vangelo, lettere e apocalisse), era convinta che il Signore tornasse nella sua gloria a giudicare la storia, in capo alla loro generazione. Non pensavano affatto di avere 2000 anni di storia da progettare.
Inoltre la distruzione di Gerusalemme, avvenuta per mano delle legioni romane nell’anno 70 d.C., è stata letta dalla prima comunità cristiana, come il castigo, comminato dal Padre al popolo ebraico, per aver rifiutato e crocefisso il Signore Gesù.
I brani dei vangeli, come quello di questa domenica, che narrano la fine della storia, non fanno altro che riportare la vicenda terrificante della distruzione della città santa: Gerusalemme!
Noi non capiremo mai il dramma vissuto da un ebreo o da un giudeo cristiano testimone di quella tragedia immane.
Se teniamo presente questo quadro non sarà difficile comprendere i testi biblici.

Meditatio

La parola di Dio proclamata nella liturgia di questa domenica, ci pone di fronte al problema dell’attesa. Attesa del Signore. Non si tratta però di prepararci alla morte, o di essere terrorizzati da una fine del mondo sulla scansione della strage di Gerusalemme, proposta dai Testimoni di Geova, dai film del terrore proiettati di recente nelle nostre sale cinematografiche, ma è l’attesa di chi sa che si troverà di fronte al Padre che ama immensamente ogni persona.

Il cristiano sa, che il Signore viene ogni giorno nel volto del prossimo e – in particolare – nei più bisognosi, in coloro che non contano, che non hanno voce. Allora l’accogliere il Signore significa aver cura degli altri, specialmente delle categorie suddette.
In Israele i poveri, gli sventurati erano considerati peccatori, persone che, nella loro difficile condizione di vita, scontavano i peccati commessi: questo era il volere di Dio.
Nella comunità cristiana avviene il contrario: addirittura per porre il povero al centro della comunità si è disposti anche a scoperchiare il tetto della casa (nel vangelo la casa è la chiesa, perché la comunità si radunava nelle case).

L’Avvento, ogni anno ci ricorda questo. Il cristiano non può rinnegare il proprio battesimo, rifiutandosi di accogliere il Signore nelle categorie di persone più miserabili.
Purtroppo questo avviene, o è avvenuto, quando un cristiano discrimina coloro che sono poveri a causa dello sfruttamento dei Paesi occidentali, nascondendosi dietro ai fantasmi dell’ordine e della sicurezza ecc..o offre il suo assenso a forze politiche che, sempre in nome dell’ordine e della sicurezza, tendono a emarginare e ad escludere i poveri. Questi da scandalo e rinnega le promesse battesimali. Sono anche responsabili quei cristiani che tacciono, dinnanzi a queste ingiustizie.

Quale merito abbiamo avuto per essere nati in un Paese occidentale benestante; essere divenuti cristiani ed avere tutte le opportunità a portata di mano? Potevamo essere nati mussulmani, poveri, essere educati al terrorismo. Oppure essere cittadini dei Paesi dell’Est europeo, costretti a lavorare come badanti, spesso retribuiti in nero e quando va peggio essere sulla strada, lontano dai propri cari, ricattati, deboli e poveri. Che merito abbiamo avuto per essere stati preservati da tutto ciò? Non corriamo il rischio di essere come il figlio maggiore della parabola del figlio prodigo o del giovane ricco, che se ne andarono vi a tristi……

Buon Avvento.
P. Giorgio

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