La Parola per la Chiesa 197

da | Ott 24, 2009 | La Parola per la Chiesa | 0 commenti

XXX domenica del Tempo Ordinario
Riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada
A cura di p. Giorgio

Ger 31,7-9

Sal 125

Eb 5,1-6

Mc 10,46-52

Tematica liturgica

La fede è il cammino che il credente compie, seguendo (= imitando) il Maestro (Mc 10,46-52). Questo cammino conduce il credente fino al Padre (Colletta particolare). In sintesi così viene presentato il tema del discepolato. Per poter «vedere» il Maestro e seguirlo, il credente ha bisogno di ricevere il dono del «poter vedere», di essere chiamato ad un incontro personale con Cristo come il cieco mendicante di Gerico. Bartimeo diventa così protagonista e modello di quel discepolato che contiene in sé contemporaneamente la disponibilità e la fatica dell’uomo a credere (ostacolato molto spesso dalla «gente») e il dono illuminante della chiamata (favorita e operata molto spesso dalla «gente») da parte di Cristo.

Dimensione letteraria

Il brano di Mc 10,46-52 appartiene alla tradizione premarcana. Il nome del miracolato potrebbe indicare che il racconto è stato tramandato in una comunità che conosceva il personaggio. Tale comunità parlava aramaico (nel racconto marcano ci sono elementi aramaici, il nome di Bartimeo e l’appellativo Rabbunì, che negli altri due Sinottici non ci sono). Letterariamente il testo si presenta come un’unità compatta, dove i personaggi scandiscono il racconto: la figura del cieco (vv. 46-47), l’intervento dei molti (vv. 48-50), la guarigione operata da Gesù (vv. 51-52).

Esegesi biblico – liturgica

a.La figura del cieco (vv. 46-47) è statica («seduto lungo la strada»). Tutti gli altri sono in movimento. L’invocazione del cieco è di tipo salmico («abbi pietà di me»: cf. il Sal 51,3). Il titolo dato a Gesù, «Figlio di Davide», poteva avere una valenza messianica, ma poteva avere anche una valenza meno impegnativa: chiamare uno «Figlio di Davide» equivaleva a riconoscere in quella persona un individuo capace di esercitare potere esorcistico e taumaturgico. Con buona probabilità il titolo «Figlio di Davide» è stato visto dalla comunità di Marco come titolo espressamente messianico.

b. L’intervento dei molti (vv. 48-50) è strano: prima è sfavorevole al cieco e successivamente è attivo nell’avvicinare il cieco a Gesù. Sotto il profilo teologico, la gente ha un atteggiamento paragonabile a quello avuto dagli apostoli nei confronti dei bambini che si avvicinavano a Gesù. Com’è successo allora, quando Gesù ha espresso la sua preferenza per i bambini, anche adesso Gesù è più sensibile al «piccolo» bisognoso che al «buon senso» della gente. Gesù chiama colui che non può vederlo per mezzo di chi vede, la folla. Il simbolismo è chiaro: Gesù chiama per mezzo dei credenti (che alle volte sono ostacolo e non ponte verso Dio) coloro che non credono. I verbi adoperati dalla folla per chiamare Bartimeo sono gli stessi adoperati da Gesù per dare coraggio ai discepoli in pericolo («coraggio»: cf. Mc 6,50), per indicare il comando di guarigione sui malati («alzati»: cf. Mc 2,9.11; 3,3; 9,27) o quello di risurrezione per i morti («alzati»: cf. Mc 5,41).

c. Bartimeo reagisce. Gettare via il mantello, che simboleggia nel mondo orientale lo status sociale e la vita stessa di chi lo porta, equivale a gettar via l’umanità vecchia, la vecchia vita. La guarigione del cieco è molto di più della guarigione terapeutica: è segno di una salvezza donata (da Gesù) e accolta (dal cieco). La fede lo ha salvato. La guarigione che gli permette di vedere, perciò, indica – la lettura è sempre a livello redazionale – la nuova capacità dell’ex-cieco di vedere in Gesù non solo il «benefattore» (Figlio di Davide) capace di guarirlo, ma anche il Rabbunì (Maestro che vince la morte) da seguire per la «strada» (= cristianesimo: cf. il testo greco di At 9,2).

Ognuno di noi è Bartimeo

A prima vista potrebbe sembrare uno dei tanti miracoli di Gesù, e invece è un miracolo «speciale». Perché per Marco è l’ultimo prima della sua passione e morte.
E poi perché in quel cieco, Bartimeo, che grida lungo la strada, è raffigurato ognuno di noi, il nostro percorso verso Gesù, l’inizio del nostro discepolato.
È cieco, Bartimeo, quindi non può «vedere» Gesù. Ma anche gli apostoli che stanno con Gesù da molto tempo sembra che proprio non ci vedano. Non sono loro che poco prima si sono arrabbiati per una questione di posti e di potere?
Bartimeo «sente», avverte qualcosa. Tutto potrebbe finire lì. Chi non ha provato, prima o poi, qualche emozione di carattere religioso, connessa a qualche evento significativo, a qualche momento particolare? Lui, Bartimeo, però, non si accontenta di «sentire»: grida. E continua a gridare anche quando cercano di farlo tacere. Il suo non è un grido qualsiasi: è un’invocazione, un riconoscimento, una professione di fede. Grida il suo bisogno, certo. Grida la sua voglia di essere guarito, di vederci. Ma grida anche la sua fiducia in Gesù, il «Figlio di Davide», il «Messia».
Il suo grido non può passare inosservato. E Gesù che passa lo fa chiamare. Bartimeo non se lo fa ripetere due volte: si libera del mantello, balza in piedi e va da Gesù. Strani gesti in un cieco, che non ci vede e dovrebbe andare a tentoni. Ma non è quello che accade quando il Signore ci chiama e noi avvertiamo che in quel momento è tutta la nostra vita che è in gioco? Non c’è mantello, allora, che possa trattenerci. Non c’è tempo da perdere!
A questo punto ci attendiamo che Gesù faccia tutto lui: che guarisca subito Bartimeo e gli restituisca la vista. E invece Gesù lo accoglie con una domanda che è, stranamente, un misto di delicatezza e di disponibilità: «Che vuoi che io ti faccia? ». La risposta di Bartimeo non è solo una richiesta, è anche un atto di fede. Una fede che Gesù sa riconoscere, una fede senza la quale il miracolo non può avvenire.
Ci vede, ora, Bartimeo, e si mette a seguire Gesù. Ha recuperato la vista solo per la parola di Gesù. In effetti Gesù non gli ha toccato gli occhi, non ha detto nulla di particolare, solo: «Va’, la tua fede ti ha salvato».
È la Parola che ci guarisce, una Parola intesa nella fede, una Parola che può fare di noi, ciechi, dei seguaci che si mettono per strada, dietro a Gesù.
Tutto era partito da una «sensazione» … Ma non basta provare qualche sensazione per essere cristiani. Il cristiano è uno che va dietro a Gesù, in un cammino di morte e risurrezione. Tra quella «sensazione» d’inizio e il momento in cui si diventa discepoli c’è tutto il percorso di un’iniziazione. Siamo capaci di proporlo e di viverlo nelle nostre comunità?

Fonte: La Parola per la Chiesa, EDB, 2005.

Tags:

0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

VinFlix

VFO