Dopo 4 anni in cella… – (2^ parte)

da | Ott 29, 2009 | Carcere | 0 commenti

Cara Michela, non voglio in alcun modo mettere in un canto la specificità dolorosa della tua situazione. Ma ti chiedi tu stessa quante possibilità abbia una donna, a cinquant’anni, di cambiare vita: lo chiedi a noi tutte (e, spererei, anche tutti), e quel “pure pregiudicata” dice molto sulla tua e sulla nostra condizione.

Perché si potrebbe dire “pure ammalata”, “pure separata”, “pure con un/una figlio/a disabile”, e gli esempi potrebbero continuare. O, addirittura, una donna e basta: perché non sono tenere con noi, in particolare a cavallo della menopausa, né la vita, né la società che abbiamo intorno.

Menopausa, infatti, resta parola impronunciabile, mentre si moltiplicano a dismisura creme anti-età, trattamenti contro l’invecchiamento, lifting che plasmano viso e corpo su modelli tutti uguali. La storia che portiamo sul nostro corpo e sulla nostra faccia appare come un difetto grave da cui emendarsi, se non addirittura una colpa. La giovinezza (la “bellezza dell’asino”, si diceva una volta) sembra l’unica merce appetibile sul mercato del desiderio, e anche su quello del potere.

Una delle poche cose gentili che mio padre, non certo prodigo di complimenti, mi disse nell’imminenza di un intervento chirurgico che mi spaventava, fu: “Un corpo senza cicatrici e senza rughe è un corpo senza storia”. E forse parlava di cicatrici e rughe anche dell’anima. Io sono convinta che non pochi uomini siano capaci di apprezzare la maturazione dei nostri corpi e delle nostre anime, ma siamo noi per prime a doverci credere, a non lasciarci inchiodare alla biancheria da lavare e stirare e ai fornelli. A un senso di inferiorità rispetto alle donne più giovani, e magari – secondo i canoni correnti – più belle.

Nessuna di noi è soltanto una lavatrice o una pentola: certo non tu, che nell’esperienza del carcere hai saputo ritagliarti spazi di relazioni, di creatività, di esperienza. Anche se è difficile, dunque, non sei tu, a dover cambiare, non è la vita che hai fra le mani adesso: sono gli altri, quelli intorno a te, che devono farlo.

Non c’è una ricetta facile che io possa indicarti perché l’insieme recuperi una propria armonia: se l’avessi trovata, in un percorso diverso ma non meno doloroso del tuo, sarei in tutt’altra condizione. Bacchette magiche non ce n’è, ma possiamo almeno incamminarci su una strada che ci renda più radicate in noi stesse, più consapevoli del nostro valore, meno dipendenti dalle opinioni degli altri. Meno disposte a contrattare il loro affetto con il nostro lavoro di casalinghe per sempre.

Questa strada tu la stai già immaginando, Michela, anche se per ora senti solo o quasi la sofferenza dei rifiuti e degli abbandoni. Martina che ti vuol bene, Martina testimone dei tuoi cambiamenti, mi sembra un buon punto per riprendere forza e ripartire: magari senza buttar via niente del passato, ma senza lasciartene trascinare in un fondo melmoso che non ti meriti. Cerca acque più pulite, vieni a galla: lo so che sei e potrai essere una grande nuotatrice. Molti auguri, e un abbraccio.

Clara

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